"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

mercoledì 29 giugno 2011

Ingredienti per film ambientati in Puglia (o tutt’al più nella bassa Lucania)



Partiamo da una considerazione: esiste tutto un nuovo filone cinematografico, che intreccia interessi neoborbonici, promozioni turistiche e bucolici sensi della vita, che in questi anni spinge per realizzare film in Puglia o come suggerisce il titolo, nella bassa Lucania. Piccola ma importante precisazione: in questa scuola la Puglia (o tutt’al più la bassa Lucania), non rappresenta semplicemente un ambientazione, ma come per “Ladri di Biciclette” o “Easy Rider” inaugura un nuovo genere. Vediamo da più vicino i tratti salienti di un buon film pugliese (o tutt’al più della bassa Lucania).

Introduzione.

Il regista ci porta alla scoperta del senso profondo di questa terra. Ci lancia una suggestione in grado di imprimere da subito, nell’anima dello spettatore il timbro di questi posti così autentici.
Di solito si parte con un flash back, un ricordo degli anni ’50 o ’60, di sottofondo rumore di cicale, si capisce subito quindi che siamo in estate, una masseria con attorno giallo a perdita d’occhio, il sole alto di mezzogiorno, in lontananza un polverone che si avvicina sempre più, fino a far scorgere, la sagoma di un automobile, una cinquecento o un maggiolone. Tutt’intorno bambini con calzoncini alla zuavi che giocano e gridano. Ad un tratto arriva la mamma attorniata da zie, nipoti, cognate, nonni, prozie, testimoni di nozze, padrini di prima comunione, suoceri, consuoceri, figli adottivi (di cui uno di colore che si chiama Nicola), parroci ed un lontano parente dell’America. La mamma con in mano un enorme coppa di orecchiette, intima ai bambini di andare a tavola, normalmente questo avviene con qualche esternazione barese, in grado di strappare nel pubblico una risata. A tavola si siedono senza soluzione di continuità, vestiti a fiori, canotte bianche sotto cappello di paglia, camicie sbottonate a intravedere collana d’oro e svariate bretelle. In alternativa o affiancato a questo, immagine di un affollato ed abitato centro storico, quasi sempre con le stesse caratteristiche di cui sopra. Fine del flash back.

Prima Parte.

Ci si catapulta immediatamente nella realtà moderna. Qui ci vogliono far credere che quell’immagine pura, di una terra selvaggia e cruda, è stata stuprata dalla modernità frenetica. Si parte con un’immagine di Bari: la tangenziale o qualche immagine di periferia a denunciare un degrado che fa spallucce ad un certo pubblico sensibile. Qui si scoprono i personaggi, magari quei bambini che correvano spensierati nei campi, il cui compito sarà rievocare i fantasmi dei loro nonni, in quella lontana fotografia anni ’50 o ’60. Oppure riscattare quella masseria abbandonata a sé stessa. Per il momento c’è qualche battuta in dialetto, questa volta più divertente di quella della mamma. Magari una parolaccia che fa sempre ridere, ma non come quelle parolacce romane, che sono gradasse, e volgari, buone per i film di Vanzina. No, qui le parolacce essendo provinciali, fanno ridere anche e specialmente un certo pubblico di sinistra. È quindi un profluvio di “le corn ca tin” o “vaffangul va” o l’immancabile “tremon” e via dicendo. Raramente, e solo per i registi che osano di più, si supera lo stereotipo Baricentrico della Puglia, che vede i personaggi, anche nel profondo Salento, esprimersi come se si fosse a Carrassi (per i forestieri, trattasi di un quartiere centrale di Bari).

Seconda Parte.

Come in ogni commedia che si rispetti, qui si crea l’intreccio, la tensione, l’antitesi hegeliana, che porta i protagonisti a districarsi nelle contraddizioni di questa terra. Di solito nei film ambientati in Puglia (o tutt’al più nella bassa Lucania), l’intreccio e la tensione nasce da uno scontro fra le due o più anime di questa terra. Da un lato, un conservatorismo agro-cattolico, celato all’ombra dei campanili e dei bar di paese (stranamente ancora fermi agli anni ’50 – ’60). Dall’altro, questa spinta alla modernità, al superamento dei vecchi valori, l’irrequietudine giovanile o gli interessi di palazzinari. Questo scontro si esplicita in diversi modi: Rock - Pizzica, Campagna - Città, Bar di Paese - Emigrazione all’estero, Trulli - Residence/grattacieli, Mare - Piscina, Scoglio - Lido, Bracciante agricolo - Giovane Rastafari, Piccolo esercente tradizionale – Grande multinazionale, Zappa – Laptop, Orecchiette – Cotolette, Ricotta forte – Maionese, ecc.
Questa parte risulta molto importante nel momento in cui palesa i mali della globalizzazione, in grado di travolgere tradizioni, territori, usi e costumi. Ma allo stesso tempo è un buon espediente per le compagnie turistiche di promuovere pacchetti turistici, mostrando le bellezze paesaggistiche. Troviamo quindi l’espediente del piccolo mezzadro, costretto a combattere col grande speculatore edilizio, per mostrare i trulli a Gallipoli o le cozze a Foggia…
No scherzavo, volevo vedere se stavate attenti, difatti non esiste nessuno film Pugliese (e tantomeno della bassa Lucania) che parli di Foggia. La Puglia infatti, cinematograficamente parlando, va da Barletta a Leuca. Punto.

Finale.

Nel finale le contraddizioni di cui sopra trovano una sintesi, dell’animo proprio pugliese (o tutt’al più della bassa Lucania), in grado di preservare il passato e le tradizioni, nell’innovazione e nell’incontro. Questo spot elettorale, utile per ricevere i finanziamenti dalla Apulia Film Commision, mostra come tutti questi insolubili intrecci, che in un altro paese della Padania o del Canton Ticino, avrebbe visto uno scontro epico, con forconi e roghi, qui si risolve con l’animo pragmatico e operoso di questa splendida terra baciata dal sole e scaldata dal mare e ancor più importante: terra d’accoglienza.
Nel finale quindi: Il Rock si mischia alla pizzica inventando un nuovo e fortunato genere, la vecchia masseria abbandonata viene recuperata e trasformata in agriturismo, il pugliese (o tutt’al più basso lucano) torna dall’estero e nel bar di Paese organizzano una festa di bentornato, il residence lascia spazio ad una serie di trulli con piscina, di conseguenza si alternano bagni in mare con bagni in piscina, si ammirano sugli scogli i pescatori sbattere i polpi, mentre si passano giornate sui lidi, fra reggae e mojito, il bracciante agricolo insegna al giovane Rastafari i segreti della botanica, il piccolo esercente tradizionale, propone hamburger con pane d’Altamura, il bracciante agricolo di cui prima, acquista un Mac per ottimizzare il lavoro di zappa, la cotoletta (fatta sempre con pane d’Altamura) viene servita subito dopo le orecchiette, il paninaro col camioncino aggiunge a checiap e maionese la ricotta forte, ecc.
Come vedete il finale riassume la voglia pugliese di innovarsi nella tradizione, un po’ come la DC di un tempo; nel finale quindi il parroco di paese diventa comprensivo verso la coppia omosex, ormai accettata da tutti, o verso la nigeriana e simpatica donna di compagnia. Quindi ci si ritrova tutti in una festa religiosa a rievocare un rito comunitario, con la vergine in prima fila e la nigeriana poco lontano.

Nota Bene

Quello descritto sopra riassume in linea generale le trame dei film ambientati in Puglia (o per lo meno nella bassa Lucania). È essenziale però non dimenticare piccoli ma importantissimi ingredienti che non possono assolutamente mancare:
- Deve assolutamente esserci una festa in cui si balla la pizzica;
- Bisogna assolutamente riprendere, centro storico, campanile, chiesa, masserie e muretti a secco;
- Mare;
- Personaggio con i dread;
- Processione religiosa;
- Tavolate infinite con orecchiette, bruschette, vino, taralli, mozzarelle, zoccoli e scarpe a occhio di bue;
- Una zia grossa.
Fra gli attori deve assolutamente esserci uno o più dei seguenti: Sergio Rubini, Dino Abbrescia, Paolo Sassanelli, Mingo di Fabio&Mingo, Lino Banfi, Renzo Arbore, Pinuccio Sinisi, Lunetta Savino o Mariolina de Fano.
Questo è tutto o quasi. Buon Lavoro.

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