"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

domenica 31 gennaio 2010

La narrazione emotiva

 

Recentemente ho acquistato il nuovo libro di Luttazzi, che invito chiunque a comprare se vuole morire dalle risate leggendo un saggio politico "La guerra civile fredda" edito da Feltrinelli. Tema forte di questo libro è la descrizione della narrazione emotiva, vale a dire l'esplicazione dei 5 elementi che permettono di creare un legame fra pubblico e narratore. O fra candidato ed elettore. Ovvio che questo fa riferimento a Berlusconi che da bravo comunicatore sa usare alla perfezione queste tecniche. Ma ultimamente ho visto con molto interesse utilizzare le stesse tecniche più o meno consapevolemente, da quello che è stato deifinito il "Berlusconi rosso" Nichi Vendola (ne parlo giusto perchè ho trovato ineludibile il collegamento di questo tema con le primaire appena terminate). Nel bene o nel male, lui sa usare queste tecniche, cosi come le ha sapute utilizzare Obama. Ecco quindi alcuni stralci del libro correlate con mie valutazioni.

«In America, gli strateghi politici di destra hanno scoperto che l'elettorato non vota in modo razionale, ma in base a suggestioni emotive. Il programma elettorale diventa secondario, se non sai come raccontarlo. Vinci le elezioni (è questo il trucco prodigioso) se lo sai raccontare come una storia che crei con l'elettore un legame emotivo.

Legato emotivamente, l'elettore sospende la sua capacità critica. E magari finisce per votare Berlusconi anche se a conti fatti non gli conviene. è il fenomeno dell'operaio che vota Berlusconi.

Come si racconta una storia in modo efficace dal punto di vista emotivo? Cinque gli elemnti importanti.

Primo elemento: ostacoli da superare. Nella storia c'è emozione se il protagonista vuole disperatamente qualcosa ma incontra degli ostacoli che glie lo impediscono. Riuscirà a superarli? Solo questo tiene vivo l'interesse del pubblico. [nel caso di Vendola sono palesi gli ostacoli, e ora anche Palese. I poteri forti, il PD, D'Alema, i privatizzatori dell'acqua, i ripetuti richiami all'essere solo nel palazzo richiamandosi ad una vicinanza col popolo. Questi sono a tutti gli effetti proclami demagogici a cui lui fa leva, nonostante sia stato per 5 anni Presidente di regione e si appresta ad esserlo per altri 5 anni insieme agli stessi poteri forti che dice di voler combattere (per la Cronaca il famigerato Tedesco teneva pubblicamente per lui)]
[...]
Secondo elemento importante di una storia ben raccontata: le debolezze. Un protagonista non è amato se non ha debolezze. [...] Questo serve a creare un legame emotivo fra protagonista e pubblico. [...] Le debolezze rendono il protagonista umano e simpatico. Berlusconi lo sa ed esibisce di continuo le sue [gaffe, donne, bugie, ecc. Le debolezze di Vendola? Diverso. Da quelli che oggi governano la Puglia. La sua emotività che travalica nel politico trasformando il poltico in personale. È ovvio che siamo anni luce dalle debolezze berlusconiane e certamente sono mille volte preferibili a queste]
[...]
Terzo elemento di una storia ben raccontata: il protagonista deve volere a tutti i costi qualcosa. A tutti i costi: solo questo genera nell'elettore passione ed entusiasmo. [Credo che sia chiaro cosa voglia Vendola, una Puglia migliore, lotta ai poteri forti, no al nucleare, ecc. La realtà o meno di questa volontà poi non ha importanza, l'importante è apparire come strenuo combattente di queste cause, altrimenti non si spiegherebbe perchè abbia cacciato Petrella e trasformato l'acquedotto in una SPA pubblica (ma pure sempre SPA)]
[...]
Quarto elemento di una storia ben raccontata: l'unicità. 
Il protagonista di una storia, per essere interessante, dev'essere unico. Come si rende unico un personaggio? In tanti modi, ma uno dei trucchi più frequenti è raccontare il suo passato. [In Vendola certamente la narrazione del suo passato ha il suo peso, comunista, presidente dell'antimafia, ecc. Ma non ritengo che sia lo strumento principale della sua unicità. Certo è che questa è innegabile, specie nel panorama politico odierno, la sua figura di "comunista" governatore contro tutto e tutti è un'unicità, cosi come la sua rivoluzione gentile lo porta ad essere Solo contro tutti. Trascendendo spesso nel personalismo che toglie spazio alla politca. Tremenda erdità del berlsuconismo.]
[...]
il quinto elemento necessario perchè una storia crei un legame emotivo, è che protagonista e antagonista siano agli antipodi. [...] Se protagonista e antagonista sono troppo simili, invece, sparisce il conflitto e la storia diventa noiosa. [Anche qui non credo che sia necessario spendere troppe parole Vendola  - Boccia. Da una parte l'idealista "comunista" antisistema che sogna una Puglia migliore, dall'altra il bravo ragazzo, economista, spalleggiato dai poteri forti del PD. Fitto - Vendola...Non c'è bisogno di dire niente.]»

P.S.
Ma perchè Vendola si porta sempre dietro quel belloccio di Fratoianni?

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mercoledì 27 gennaio 2010

La Città ideale






Un giorno ero seduto su una sedia d'ufficio quando guardandomi intorno notai dei quadri raffiguranti la nota "Città ideale"- Anonimo fiorentino. Per un po' mi sono soffermato su quella città ideale ed a ben vedere mi appariva estremamente angosciante. Questo è dovuto ad una ragione evidente. La città ideale è priva di vita. Priva di essere viventi. La città ideale è vuota. Sembra una città fantasma dopo una apocalisse chimico-batterica. E quindi da ciò si evince un ultima conclusione: La città ideale per essere tale deve escludere l'uomo. Deve escludere la vita. Deve escludere il reale. Deve escludere l'errore e l'imperfezione. L'ideale esclude l'imperfezione. L'ideale quindi è per sua stessa natura un'astrazione inesistente e quindi irrealizzabile concretamente. So a cosa state pensando, ma non cadete nel tranello. La trasformazione sociale, politica, economica, non rientra nell'ideale, le idee di cambiamento non rientrano nel campo dell'ideale per quanto spesso ne sono vittime. Analizziamo il perché. Volendo partire dal padre della trasformazione sociale Karl Marx, padre del socialismo scientifico proprio perché rifiuta la visione misitico-idealistica-messianica dei socialisti utopisti che disegnano nella loro mente un mondo perfetto trascendendo dal reale e quindi trascendendo dall'uomo. Marx fa notare come: "Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato [pausa di riflessione], un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi [altra pausa di riflessione con collegamento a quanto detto sin ora]. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente." Io credo che in questa frase sia riassunta l'opinione del filosofo di Treviri riguardo a molte (non tutte) esperienze di presunto socialismo reale. Esperienze dove il socialismo non si è sprigionato meccanicamente come movimento reale, ma al contrario come ideale di un'avanguardia filosofica che disegnava il suo ideale a cui la realtà si sarebbe dovuta conformare. Ed è qui che è spesso il limite di chi crede nel suo mondo ideale, o in mondi ideali costruiti da altri, in terre promesse secolarizzate, piuttosto che l'analisi sociale delle forze in campo. La sconfitta poi delle speranze di cambiamento ha portato alla nuova fase, postmoderna, del nichilismo come accettazione passiva del presente e delle sue espressioni reali. Dell'abbandono di ogni ipotesi cambiamento per la mera gestione del reale, per la sopravvivenza inetta nell'acquario mondiale. Ma tornando a noi, ciò dimostra come l'ideale altro non sia che la sublimazione della voglia di potere dell'uomo, nella sua ricerca di perfezione personale, ed anche ultrapersonale tale per cui ne sarebbe escluso egli stesso in quanto imperfetto dalla perfezione di quel mondo. Una voglia di potere però che non è per ovvie ragioni di per sé negativa, in quanto forza capace di trasformare il mondo, di modificarlo in relazione alle sue esigenze. È solo la forza collettiva di cambiamento, derivante da situazioni reali che permette alla volontà di cambiamento di divenire soggeto attivo di trasformazione. Purché essa si esprima come forza laica e soggetta al reale piuttosto che all'ideale. L'ideale al contrario nella sua espressione pura, ha sempre prodotto l'inferno della tirannide che plasma la realtà alla sua bellezza immaginaria. Cosi fu per l'uomo puro, l'uomo ariano. La perfezione lì raggiunge il massimo nell'utopia più estrema: la pulizia, una pulizia genetica che perfezioni il mondo. Una pulizia ideale e per questo irrealizzabile proprio per la sua contraddizione con la vita che si esprime pura nell'intreccio piuttosto che nell'incesto. Anzi è l'errore stesso il motore dell'evoluzione. In natura come nella vita. Diffidate quindi dei puri idealisti (purché li sappiate riconoscere) essi vogliono solo plasmare il mondo a loro immagine e somiglianza. Escludendosi dal principio.
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domenica 17 gennaio 2010

Ester Milonga



Ester e le sue mani di mogano. Due occhi profondi come buchi neri in cui venir catapultato. Era un fulmine a ciel sereno Ester. E come lampo apparve in quella milonga affollata di sogni. Ero seduto al bancone con la mia capiroska alla fragola che sorseggiavo lentamente mentre mi lasciavo trasportare con lo sguardo nella danza della vita. Fu allora che apparve, Ester angelo scuro a catturare i colli voltati dell'umanità roteante. Nel mezzo di quella sala girava in cerca di chissà quale sospiro, e fu in un istante cieco che i nostri sguardi si incrociarono. Wow! Fu un tuffo di overdose nella sua anima fluorescente, un viaggio mistico nella terra dei suoi sguardi. Tanto da perdere l'equilibrio, e la mia capiroska alla fragola. Dopo 10 minuti ero gia ubriaco di lei. Ester! Ubriaco dei suoi occhi, arrivai ad innamorarmi di loro e  non voler cercare nient'altro in lei che quello spirito diabolico che trafugava nelle mie viscere. Si avvicinò cosi decisa, che stavo per farmela sotto. Mi guardò ancora più incandescente di prima. Si fermò ad un palmo dal mio viso sorrise, di un sorriso timido e non disse una parola. Quell'attimo sembrò durarmi un'eternità mentre le gocce scendevano dalla mia fronte cercando di suggerire alle mie orecchie una qualsiasi frase più o meno utile per l'occasione. Ovviamente non fu cosi e l'esordio fu più o meno questo. "Sa la mia capiroska alla fragola era davvero buona, ma mi s'è versata tutta...e fa un gran caldo qui?" Lei rise della mia improvvisa balbuzia. Ingioiai un litro di saliva e le chiesi "Balli?". Il paradiso non può vantare tante esplosioni di sensi quante ne provai in quella Tanda. Affogai nei suoi capelli che sapevano d'oceano, mentre le sue gambe strofinavano alle mie nel vortice infernale di quel tango. Il suo collo d'ambra emanava il fuoco carnale della terra infuocata. Mentre i nostri passi disegnavano naturali il sesso che i nostri corpi esprimevano nella danza incantata. Fu quella la nostra prima volta. Lì avvinghiati in quella milonga al ritmo rosso sangue di un tango di fuoco. Ester.
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giovedì 7 gennaio 2010

Un Italiano al Cremlino


Il compagno Dimitriev Slavscencko si trascinava per le strade larghe e deserte della capitale col suo impermeabile, di sovietica fattura, che strisciava sull'asfalto bagnato. Un'acquazzone scrosciante lo aveva reso ormai fradicio, mentre lui con la massima naturalezza e fugacia camminava spedito verso l'appuntamento atteso. Arrivò a due isolati dalla Piazza Rossa, l'appuntamento era al Caffè della Rivoluzione. Lì avrebbe dovuto incontrare l'uomo. Poche informazioni su di lui: statura media, quasi calvo, con baffi. Tanto bastava a capire chi fosse. In marzo nel Caffè della Rivoluzione a due isolati dalla Piazza Rossa alle 23.00 era difficile incontrare molti uomini di statura media, quasi calve e con baffi. Per andare sul sicuro poi c'era l'ovvia informazione. L'uomo era un Italiano.
Era arrivato, il compagno Dimitrev Slavscencko, aprì la porta del Caffè della Rivoluzione. Appena dritto di fronte a un gran bancone di legno, dietro un omaccione russo con le sue grosse mani e le sue dita nodose poggiate sul bancone, gli gettò un occhiata sospetta. Dietro di lui, dietro alle vodke ed alle birre sovietiche, capeggiava un grande ritratto di Lenin. "Buongiorno" sussurrò il compagno Slavscencko. "Buongiorno compagno" rispose il barista. Il compagno Slavscencko iniziò a vagare con lo sguardo in quel locale semideserto alla ricerca dell'uomo, ad un certo punto si fermò, gli parve di vederlo all'ultimo tavolino della sala seduto di spalle mentre sorseggiava un caffè lungo sfogliando la Pravda. Si avvicinò con passo lento ma deciso, si fermò appena alle sue spalle e lesse il grande titolo della Pravda "Il compagno Presidente Gorbačëv annuncia la fine della dottrina Brežnev - I Paesi satelliti saranno liberi di seguire la loro strada al socialismo". "Una bomba inevitabile che ne dice?" - esordì il compagno Slavscencko - "Certe strade sembrano semplici ed inevitabili dal principio, ma purtroppo il peso della storia può portarle a strapiombi e burroni. Evviva il compagno Gorbačëv!" - rispose l'italiano. Il compagno Slavscencko si accomodò alla sedia di fronte, gli porse la mano e disse "Suppongo che sia lei l'uomo, piacere Dimitriev Slavscencko" l'italiano con un mezzo sorriso gli porse la mano e ripose "Piacere io sono l'uomo, nome in codice Mario Sagniconti" il compagno Slavscencko sorrise "Cos'è un nome d'arte?" - "No -rispose l'uomo - un anagramma. Buona fortuna!" Il barista omaccione s'avvicinò al tavolo dei due "Desidera qualcosa compagno?" - "Una vodka liscia grazie" - "Subito, e per lei signore? desidera altro?" - "No grazie" rispose l'italiano. L'omaccione s'allontanò i due si guardarono negli occhi per un po'. Nel loro silenzio si registrava l'enormità di due uomini qualunque che guidavano la storia, quasi che essa narrasse sui loro corpi inerti, quasi che leggendola la storia, si potessero vedere i loro volti in controluce, lì seduti al Caffè della Rivoluzione, a due isolati dalla Piazza Rossa, uno con una tazza ormai vuota di caffè lungo, e l'altro con il suo bicchiere di vodka liscia. Dopo questa pausa d'obbligo il primo a parlare fu il compagno Slavscencko "Li ho qui. Lei capirà che l'importanza di questi documenti a livello internazionale e fra la Santa Sede, l'Italia e Mosca sono molto delicati, sa meglio di me cosa accadrebbe se si scoprisse l'intervento del KGB dietro l'attentato all'uomo bianco" L'italiano accese una Marlboro. Made in Italy. Lo scrutò fisso in volto e prosegui "Caro compagno Slavscencko lei sa perfettamente il motivo della mia presenza qui oggi, e sa benissimo che i nostri interessi sono affinché le relazioni fra Mosca e Roma, voglio dire il Vaticano si normalizzino, nel limite possibile di un Papa polacco che...lei sa meglio di me il suo ruolo in questa scacchiera" il compagno Slavscnecko annuì vigorosamente col capo, mentre l'italiano continuò "D'altronde lo vede anche lei cosa sta succedendo" - dice concitato mentre mostra la prima pagina della Pravda "Le cose ormai hanno preso una piega che ormai io, , lei, il compagno Gorbačëv, né nessun'altro su questa terra può cambiare, la storia sta facendo il suo corso" poi fermandosi quasi a pesare bene le sue parole, quasi commuovendosi aggiunge "I sogni di liberazione di milioni di uomini, si stanno schiantando contro un muro eretto d'altrettanti uomini, taluni coraggiosi, taluni vigliacchi, taluni sanguinari, taluni opportunisti, taluni assetati, taluni ancora possibilisti. Il tempo sta per scadere compagno Slavscencko. Non abbiate paura questi documenti verranno protetti. Ormai il dado è tratto". Il compagno Slavscencko lo guardò con occhi commossi, prese la sua valigetta e glie la porse, l'italiano la prese con vigore e dopo un'attimo di stretta reciproca il compagno Slavscencko la mollò. Si alzo con calma si infilò il suo impermeabile ormai asciutto e aggiunse, portandosi le mani al cappello "Saluti compagno italiano!" l'ometto ricambiò "Saluti Compagno Slavscencko, alla prossima Utopia. Ah e non si disturbi per quella vodka...è offerta da me".
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sabato 2 gennaio 2010

Il cosa e il come di Sinistra e Libertà... e di altre diavolerie moderne


Questo post prende le mosse dagli ultimi avvenimenti tragicomici delle regionali in Puglia e più precisamente della scelta del candidato presidente del centro sinistra o del centro e basta. Per chi non fosse interno a queste questioni cosi ostiche provo a sintetizzare un po' gli avvenimenti grotteschi di questi ultimi tempi. Dovendo trovare un punto di inizio bisognerebbe partire dalla nascita del PD, ma poiché ciò allungherebbe troppo il brodo preferisco iniziare dalle scorse elezioni amministrative. In questa fase si è avuta la concomitanza di due eventi rilevanti: l'avvio del piano D'Alema, che si sintetizza nell'esperienza di Brindisi dove il PD decide di avviare una nuova stagione di alleanza più o meno organica con l'UDC, questo ha inevitabilmente come corollario l'esclusione della sinistra, punto purtroppo ad alcuni compagni ancora poco chiaro. Altro evento rilevante di questa fase è lo scoppio del caso Sanità in Puglia, e le indagini sull'assessore Tedesco (assessore in quota PD che all'epoca della sua nomina militava nei Socialisti Autonomisti, fortemente voluto da D'Alema). A seguito di questo evento il presidente Vendola fa una scelta che a prima vista sembrerebbe lodevole e degna di encomio, ma che a ben vedere nasconde dell'altro: scioglie in toto l'intera giunta regionale e ne nomina una nuova, attraverso un'operazione politica che facendo fuori non pochi assessori innocenti e che avevano dato lustro all'amministrazione Vendola (Barbieri, quello dei bandi ritorno al futuro per intenderci) e estromettendo Rifondazione dal governo, mirava ad aprire anche in Puglia il piano D'Alema, l'iniziale proposta infatti è quella di inserire nella nuova giunta esponenti dell'UDC e nientepopochedimenochè di Io Sud, il movimento politico dell'ex missina Adriana Poli Bortone, in nome di una generica e incolore difesa corporativa degli interessei del Sud e della Puglia contro lo strapotere del Nord. Questo piano non va in porto per il rifiuto dei diretti interessati, ma apre il balletto di cui Vendola sarà l'inevitabile posta in gioco. A qualche mese di distanza mentre fervono i preparativi per il totocandidato, Vendola incontra in neosegretario Bersani ed afferma perentorio che è disponibilissimo ad una alleanza con L'UDC in Puglia, apertura che la stessa UDC rimanda al mittente: non sosterremo mai Vendola. Di qui la contesa fra UDC, PD e Sinistra e Libertà, sul futuro candidato presidente, con Vendola che forza la piazza con le varie Fabbriche di Nichi (e interessante il fatto che Vendola si ricordi del suo popolo e della partecipazione popolare solo in occasione delle elezioni, 5 anni fa furono i comitati pro Vendola che nelle intenzioni sarebbero dovuti diventare l'anello di congiunzione fra base e governo, poi immediatamente sabotati, anche per volere dell'attuale PD), e il PD che cerca di convincere Vendola a farsi da parte proponendo candidati più moderati come Emiliano. Da tutta questa storia ingarbugliata cerco di trarre le mie personalissime opinioni (lo faccio in modo schematico per alleggerirvi il post, o come diceva Panfilo Maria Lippi: per venire in contro alle vostre capacità mentali).
1) Vendola e Sinistra e Libertà non riescono a capire, o pare non vogliano capire, che al di là del caso Puglia, dove si ammirano esponenti del PD di primo calibro come Emiliano che vengono tirati in mezzo per la giacchetta, in Italia si sta giocando una partita ed un progetto politico che va al di sopra delle loro teste. Questo progetto nasce con la nascita del PD, e con l'inevitabile caduta del governo Prodi, ed ha come solo orizzonte la creazione di un bipolarismo minimo, di una destra e di un centro (PD-UDC) eventualmente colorita con del sano Dipietrismo, che veda fuori la sinistra e qualsiasi parvento di alternativa di società: bisogna solo governare l'esistente;
2) Proprio per questo Vendola e Sinistra e Libertà nonostante i mille screzi credono ancora nell'utopia novecentesca del centro-sinistra, e non riescono ad immaginare alcun futuro politico al di fuori di un'alleanza col PD, al contrario pare che nascano proprio come sinistra del PD, funzione che gli potrebbe pur essere congeniale se avessero i numeri per farlo, ma purtroppo questo è impossibile proprio per il fallimento politico del progetto vendoliano;
3) Checchè se ne dica infatti, nonostante l'entusiasmo della base, il progetto vendoliano è fallito. Esso si esprimeva nella volontà di unire in un unico soggetto politico tutta la sinistra italiana uscita dal parlamento italiano. Con l'utopia di cancellare gli errori e le divisioni del '900 per inaugurare una nuova fase, in quest'ottica si vedeva naturale unire ex comunisti, ex diessini ed ex verdi, con i socialisti di craxiana memoria (di cui sarebbe stato onesto rispolverare il passato politico e le scelte fatte in materia di politiche del lavoro) fino a giungere addirittura a paventare una inclusione dei radicali (quelli dell'abrogazione dell'articolo 18). Ovviamente come largamente prevedibile questo piano è fallito, non solo a causa delle 4 scissioni nella già fragile sinistra (PRC, PDCI, SD, Verdi), ma a causa della fuoriuscita prima dei Verdi e poi dei Socialisti, ovviamente in entrambi i casi gli ultrà di Vendola hanno inveito contro il grigiore di questi partiti (stessa cosa fatta con i nostalgici di rifondazione) rendendosi conto solo dopo di queste deprecabili caratteristiche;
4) A seguito di questo si aprono per Sinistra e Libertà due sole strade percorribili, essendo inesistente qualunque altra: o l'adesione organica al PD, o l'entrata nel progetto federativo della sinistra, che con tutti i suoi limiti ritengo essere l'unica possibilità e via concreta per unire tutti i soggetti della Sinistra con la S maiuscola. Mi auguro che prevalga la seconda scelta, poiché nel progetto federativo si cela la filosofia che ha portato al governo per la seconda volta il Frente Amplio in Uruguay. Anche lì per anni a sinistra c'è stata una diaspora ed uno scontro di partiti, paritini e gruppuscoli che si contendevano la verità, fino a quando non si è capito che è inutile dividersi sul 5% di cose in cui si è in disaccordo, è meglio far stare insieme il 95% di cose che si condividono, è proprio per questo che la soluzione non è stata fare un partito unico in cui ognuno avrebbe dovuto sacrificare qualcosa di sé e della sua storia, ma una federazione dove chiunque può starci senza bisogno di abiure, ma questo rappresenterebbe per Vendola un ultimo grande smacco;
5) Nel famoso e lacerante congresso di Chianciano infatti le posizioni in campo erano di fatto 3: quella vendoliana che mirava alla creazione di un partito unico della sinistra (del cui esito abbiamo visto i risultati) quella dell'Unione dei Comunisti (che proponeva la creazione di un unico partito comunista) e quella di Ferrero che proponeva per l'appunto la creazione di una federazione della sinistra, posizione uscita vincente dal congresso. I vendoliani però hanno rifiutato totalmente questa posizione, accusandola di identitarismo, nostalgia, torcicollo, ecc. iniziando cosi la stagione delle scissioni...per l'unità;
6) Da questo corollario giungo a fare un'ultima considerazione amaramente critica nei confronti di Vendola e di Sinistra e Libertà: quella di essersi arresi concettualmente e politicamente alla personalizzazione della politica, individuando in Vendola il Salvatore della Patria, l'ultima speranza della sinistra e di fatto commettendo il solito errore del populismo, quello di demandare ad un leader le responsabilità individuali. Nel bene e nel male si segue Sinistra e Libertà per Vendola, cosi come molti sono usciti da rifondazione perché: come si fa a non votare Vendola. Il risultato è arrivato al paradosso della situazione pugliese, dove si crede di potersi alleare con chiunque, Poli Bortone compresa, basta che ci sia Vendola Presidente, come se fosse la sua presenza lì e non le forze in campo a garantire politiche di sinistra. Se Vendola è riuscito ad ottenere degli ottimi risultati in questi anni di governo è stato grazie ai rapporti di forza favorevoli nella giunta, conquistati alle scorse elezioni dalla sinistra. Se Vendola ha commesso errori gravi, come Tedesco alla Sanità (tema cardine quello della Sanità nella campagna elettorale di 5 anni fa) è stato grazie alle imposizioni dei poteri forti nel governo regionale (PD). Come può pretendere Vendola di poter, ormai ipoteticamente, conservare una politica di sinistra in un governo formato da PD e UDC e uno o due assessori di Sinistra e Liberà? UDC che vuole mettere le mani sulla Puglia (spalleggiata da D'Alema) perchè entrambi hanno interessi nell'accaparrarsi l'acquedotto pugliese. E credo che la cosa non sarebbe poi tanto diversa senza l'UDC, i rapporti di forza sarebbero sempre a suo svantaggio. Per concludere quindi, credo che Vendola e Sinistra e Libertà debbano aver il coraggio di fare una scelta difficile ma coraggiosa, oltre che necessaria, quella di concorrere a dar vita ad una sinistra politicamente e strategicamente autonoma, questo (ahimè) può voler dire stare lontano dal governo per un po', ma la scelta è tragica: Stare al governo per non fare niente, o non starci per ricostruire la Sinistra?
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