"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

lunedì 13 dicembre 2010

Unghie sull'Atlantico


Se c’era qualcosa che il capitano Marrison non sopportava erano i mozzi con gli infradito ed i sottoufficiali che si mangiavano le unghie. Ma purtroppo per il capitano Marrison in quella nave erano arruolati i fratelli Carpenson: John e Mattia Carpenson, rispettivamente mozzo con la passione per gli infradito e sottufficiale della marina, noto nelle cronache del suo villaggio per un intervento chirurgico di ricostruzione d’unghie.

Per placare l’ira provocata da quelle due teste di cazzo, il capitano Marrison affogava il suo mal di mare nell’alcol. Proprio così, il capitano Marrison con alle spalle quattromilatrentadue traversate, cinquecentoquarantacinque combattimenti navali, quindici medaglie al valor militare, e tre stelle d’oro della Corona, soffriva di mal di mare. Un segreto che aveva rivelato in vita sua solo ad una persona, durante la prima guerra mondiale, mentre gli premeva il grilletto sulle tempie: era il generale Shwairstel, ufficiale dell’esercito del Kaiser.

Mentre il capitano Marrison era in sottocoperta a sorseggiare il suo whiskey scozzese invecchiato di 30 anni al piano superiore i fratelli Carpenson discutevano animosamente sul campionato inglese di Football. Mattia riteneva che il Manchester United nell’attacco era molto più veloce e preparata del Liverpool a cui invece mancava la necessaria fantasia. John invece riteneva che il Liverpool conservava quel sano spirito proletario che gli conferiva quella forza spartana in grado di spezzare qualsiasi squadra: “Hanno le palle d’acciaio quelli del Liverpool”.

Il capitano Marrison tollerava quei discorsi futili sulla sua nave, diceva che lo spirito di un marinaio in mezzo al mare è teso come quello di un uomo nel momento in cui cade da un dirupo. Per rilassare le corde di una truppa è necessario tranquillizzarsi con le banalità che sanno di quotidiano. Lui invece, il capitano Marrison, sfibrava le corde tese del suo animo attraverso un hobby che si portava dietro da anni, per la precisione dal suo primo viaggio in nave, era il 1890 lui aveva 16 anni e non trovò di meglio da fare per scongiurare le sue paure che tagliarsi le unghie dei piedi e delle mani. Ma una volta terminata quella pratica, seppur condotta con la massima calma e lentezza, dovette arrendersi nel trovare un’altra occupazione che lo rendesse calmo, fu cosi che iniziò a costruire un veliero di unghie. Ora 35 anni dopo era arrivato quasi alla fine dell’opera aveva completato l’intero corpo della nave, gli alberi, le sottocoperte, il bompresso, persino le panche e le sedie erano rifinite nei minimi dettagli, mancavano ancora le ultime vele e le rande. Era fiero il capitano Marrison della sua grande Unghia un’opera che custodiva tutte le sue avventure, i suoi amori, le sue sconfitte, le sue ferite, i tradimenti, le battaglie e le vittorie di 35 anni di marina. Un intero romanzo di unghie. Una vita in quel veliero.

Era mattina il sole splendeva alto sul battello in balia dell’Atlantico il comandante Marrison come ogni mattina usciva a respirare l’aria fortificante dello iodio. Mentre passeggiava sulla stiva notò il sottufficiale Mattia Carpenson mentre strappava dal dito medio della mano destra una linguetta sottilissima di unghia. Alla vista del capitano Marrison, srotolò completamente la linguetta, portò fulmineo la mano destra al cappello, sbatté i tacchi e con una smorfia della bocca sputò via la linguetta. “Buongiorno Capitano!”. Gli occhi del capitano Marrison si infiammarono di sangue, le sopracciglia si allungarono fino a sfiorare il cappello e dal profondo del suo stomaco urlò al sottufficiale Carpenson “Dannazione! Quante volte devo ripeterle che non tollero che su questa nave si manchi di rispetto alle unghie! Lei e tutti quelli come lei strappate dalla carne queste povere creature quando sono ancora in fasce, deboli, indifese, inoffensive, per cosa poi? Per sputacchiarle per terra, quasi fossero un rifiuto della vita, un’incombente presenza di cui vergognarsi e sbarazzarsi. Ma sa che le dico? Che sono le sue unghie a doversi vergognare di lei! Lei non ha neanche la minima idea di quale patrimonio rappresentino le unghie, lei non è degno di portarle le unghie, altro che strapparle” e cosi dicendo si avvicino al suo volto immobile e gocciolante di tremolante sudore, sfoderò dal taschino la sua mano sinistra da cui estrasse il mignolo, radice di un unghia profondissima e tagliente, una lama sporgente dalla sua mano che custodiva anch’essa da 35 anni, si da quel fatidico giorno in cui decise di risparmiare quel solo dito alla tragica decapitazione per onorare tutte le unghie e per conferir loro la giusta dignità e il giusto rispetto. Accarezzando il suo volto impaurito il capitano Marrison sussurrò “quest’unghia ha conosciuto nel medesimo istante il sangue e l’ultimo respiro di Mustafa Baku Hanım, ufficiale della Terza armata Ottomana e nel momento in cui si conficcava nelle sue carni, il capitato Hanim confessò che era un onore morire di quella nobile arma, dopo aver ascoltato la sua storia. Ebbene sottufficiale Carpenson voi non sarete degno di fare una fine simile, in quanto non può il vostro sangue avere l’onore di conoscere quest’unghia né tantomeno di condividere quest’onore con quello del coraggioso capitano Hanim”. Cosi dicendo gli strappò con la sua unghia un pelo sopravissuto alla rasatura. “Stia attento!” .

Il capitano Marrison non aggiunse altro fece due passi sicuri, si abbasso al pavimento e raccolse quella striscia di unghia sacrificata, tornò poi sottocoperta e con la massima serietà la posizionò nel veliero, a far da bandiera in cima all’albero maestro. “La tua prematura caduta non è stata vana, tu rappresenterai il riscatto per tutte quelle che fanno la tua stessa fine precoce. Dimostrerai a tutte che si può essere all’apice di un vascello pure essendo un unghia minuscola e col tuo fiero sventolare indicherai ai marinai la direzione del vento, la rotta da seguire”. Una lacrima solcò il volto del capitano Marrison, cuore duro, animo tenebroso come quello di ogni marinaio temprato dal fruscio del mare, ma dentro quella corazza trovava ancora spazio il gemito di un unghia.

Bookmark and Share

sabato 20 novembre 2010

Il Laboratorio di idee


Chiuse la porta di casa dietro di se, contò 5 passi nel vialetto poi si fermò, provò a pensare qualcosa ma non aveva idee. Controllò per bene nelle tasche. Niente erano vuote, solo un biglietto da 20 €. Tornò indietro verso casa, si fermò dinanzi alla porta esaminò con cura la serratura tonda. Vi infilò dentro la chiave, senza girarla, restò cosi immobile per circa un minuto poi l’estrasse nuovamente si rigirò verso il vialetto e di diresse questa volta senza esitazioni verso il supermarket in centro.

Il signor Bollettini camminava deciso e impassibile ma nel suo sguardo non si percepiva alcunché, una fredda e cinica idiozia faceva del suo volto una maschera inespressiva. Era a corto di idee. Entrò nel supermarket e si diresse senza esitazioni nel reparto idee. “Buon giorno che novità ci sono per questa settimana?”.

A dirla tutta il Signor Bollettini non era il solo a non avere più idee, non ne aveva più nessuno, nessuno era più in grado di crearle da solo o, come si diceva un tempo, nessuno era capace di partorire nessuna idea. Le idee si erano estinte e la gente vagava senza senso nel mondo lasciandosi morire dal proprio vuoto, nessuno produceva più nulla, nessuno aveva più un motivo per vivere o morire, l’intero mondo si lasciava cadere nell’ignavia. Fu a quel punto che i governi mondiali decisero di trovare una soluzione a questa pestilenza globale. All’inizio provarono a consultare i migliori scienziati e centri di ricerca del mondo, ma neanche loro avevano la minima idea sul cosa fare. I politici e i presidenti di tutto il mondo non riuscivano neanche ad elaborare false soluzioni, non realizzarono polemiche sul nulla. Non dissero nulla, anche loro erano privi di idee, persino di balzane idee. Gli unici che riuscirono a fiutare l’affare furono le multinazionali e i banchieri del mondo, che a dirla tutta non erano del tutto estranei a quella tragica estinzione. Si raccontava infatti che qualche decennio prima una ristretta cerchia di grandi capitalisti aveva ideato un piano per realizzare una montagna di quattrini attraverso un progetto che mirasse per l’appunto all’eliminazione di ogni idea, per poterle poi rivendere al giusto prezzo. Il piano fu studiato nei minimi particolari e attraverso una diabolica invenzione che ebbe largo successo nella popolazione, fu eliminata alla radice ogni tentativo di idea, non solo ma fu preclusa ad ogni persona persino la capacità di poter ideare qualsiasi idea. L’invenzione consisteva in una applicazione inserita all’interno di ogni schermo esistente, PC, televisore, palmare, navigatore satellitare, ecc che consentiva di connettere direttamente il cervello all’apparecchio senza la necessità di utilizzo di qualsiasi altra periferica, fosse essa tastiera, telecomando o mouse. In realtà quest’applicazione nascondeva il segretissimo virus che pian piano allineava le onde cerebrali da dove partivano le idee riducendone a zero le potenzialità.

Buon giorno signor Bollettini oggi abbiamo idee politiche di ultima qualità ideali per conversazioni brillanti ottime per le elezioni alle porte, molti attuali deputati hanno acquistato la versione precedente ed ora hanno fatto una brillante carriera” il signor Bollettini lo guardò sorridente ed esclamò “no, no, per carità non ho alcuna intenzione di impicciarmi di rompicapi politici, piuttosto non ha qualcosa non so, di delicato, sofisticato al punto giusto, sa ho una cena importante sabato prossimo e vorrei far bella figura” – “perfetto!” soggiunse il commesso “sono arrivate proprio l’altro giorno delle interessantissime idee filosofiche e in omaggio anche tre idee su sociologia, il senso della vita e come ottenere successo, vedrà con queste farà un figurone”. Subito il signor Bollettini apparve interessato all’offerta “e mi dica di che marca sono queste idee?” – “sono della Marphin signore, ma se vuole abbiamo anche l’ultima versione filosofica della Cristal ma lì il prezzo aumenta, sono idee più sofisticate e corpose fatte attraverso un processo molto più lungo e artigianale” Il signor Bollettini ci pensò su e domando “quanto vengono quelle della Marphin?” Il commesso consultando il catalogo soggiunse “dunque l’offerta della Marphin con le tre idee in omaggio vengono 15 €, mentre la Cristal viene sui 35 €” Bollettini restò qualche secondo in silenzio meditando l’offerta, dopodiché sentenziò “Guardi per l’uso che ne devo fare vanno bene quelle della Marphin” – “Benissimo!” esclamò il commesso, “vuole che glie le incarto?” – “no grazie, non ce n’è bisogno”. Il signor Bollettini si recò alla cassa e pago le idee.

Massimo Carpelli lavorava da 5 anni in quella fabbrica. Ricordava ancora il primo giorno di lavoro, il direttore gli indicò il suo posto esordendo “Signor Carpelli benvenuto nel Laboratorio di Idee Marphin. Si ricordi, qui noi ideiamo tutto per tutti!” il suo compito era quello di prendere tutte le matrici di idee già esistenti e catalogate dalla Marphin, idee provenienti dalle prime civiltà umane fino ad arrivare ai giorni nostri, comprese quelle già realizzate dalla Marphin e combinarle fra loro cercando di creare delle “fragranze” di idee in grado di competere sul mercato e colpire il pubblico, idee che sarebbero ovviamente state registrate “Laboratorio di Idee Marphin”, ognuno poi avrebbe potuto acquistarle diventandone proprietario, ma solo di quel singolo esemplare di idea, prodotto e commercializzato in serie dalla Marphin. Era la tua idea Made in Marphin.

Nel Laboratorio di idee il settore ricerca in cui lavorava Carpelli si ingegnavano nel realizzare idee sempre più all’avanguardia, Carpelli ad esempio si occupava di filosofia ed ideò il modello SuperProl® che consisteva in una originale combinazione delle teorie marxiste con quelle superomistiche di Nietzsche. Nella sostanza si affermava che nella lotta di classe contro la borghesia il proletariato in quanto ultima classe rivoluzionaria completava la nascita del super uomo che eliminava il vecchio e superato uomo umano, troppo umano, rivoluzionando i sistemi di produzione al di là della morale e del bene e del male.
Nell’ufficio affianco a quello di Carpelli c’era il settore politica in cui si commissionavano programmi, slogan e idee politiche per i partiti, in alcuni casi sorsero persino nuovi partiti direttamente dal settore politica del Laboratorio di Idee Marphin. L’ultima novità del settore consisteva nell’idea di eliminare il parlamento ed i parlamentari troppo onerosi, oziosi ed inefficienti per le casse dello Stato, sostituendoli con un forum in cui la gente avrebbe potuto votare on-line le proposte governative. Plebinet®
Oltre questi c’erano anche il settore economia, sociologia, sport, bricolage, lavoro, architettura, informatica, tempo libero, divertimento, in poco tempo si svilupparono idee per ogni utilizzo, arrivarono addirittura a creare un settore in cui realizzavano idee per libri e romanzi. Scaffali interi di supermercati grondavano idee prezzate.

Il Signor Bollettini torno a casa soddisfatto del suo nuovo acquisto ma con la sua aria sempre vuota e inespressiva camminando verso casa vide un fulmine colpire un albero non molto distante e per lo spavento si blocco, fu allora che gli venne in mente l’idea di un mondo in cui la gente non avesse bisogno di acquistare idee, ma che esse nascessero libere come funghi nella testa della gente, senza ordine, né matrice, né prezzo. D’improvviso il signor Bollettini fu sorpreso da quella riflessione, e si chiese fra sé e sé chi diavolo gli avesse messo quella idea in testa, da chi l’avesse comprata, e come ci fosse finita la dentro. Forse era inclusa nell’offerta speciale o forse qualche Hacker l’avrà inserita di nascosto. “Certo è” penso Bollettini “che balzana idea, quella delle idee libere”.

Pubblicato su Mythos di Novembre
Bookmark and Share

venerdì 29 ottobre 2010

Or not to be


alle volte vorrei solo lasciarmi trasinare dal vocìo bisbigliato della piazza. dal vuoto incolmabile dei passi sull'asfalto bagnato. alle volte vorrei liberarmi dal peso di ogni quotidiano, dalla gravosa ancora delle ultime notizie. Vorrei, alle volte, riposare su nuvole di passioni. distruggere il sovrano col mio silenzio e accovacciarmi nudo fra le dita callose di una discussione da bar.

Bookmark and Share

sabato 9 ottobre 2010

L'Eccellenza Pugliese


Il giornale del Corso 09/05/2009
Pag. 12
-LA VIRTUS JONICA CONQUISTA L’ECCELLENZA-
“La grandiosa stagione della Virtus guidata dal nuovo presidente Michele Fasano raggiunge il suo meritato traguardo. Domenica scorsa nella finale dei play off contro il Putignano stravince con un meraviglioso 4-1 regalando ai propri tifosi la gioia della meritata promozione”

La tazzina di caffè si chinò per l’ultima volta sulle labbra dell’attempato tifoso della Virtus. La mano lenta sfogliò l’ultima pagina del giornale, dopodiché lo depose sul bancone dei gelati, si strofinò la gobba del naso macchiata di caffè e uscì felice dal bar.
Michele Fasano era un imprenditore edile del paese che un anno prima aveva deciso sotto la spinta dei tifosi e dietro acuto suggerimento di consiglieri a lui vicino, di comprare la Virtus una squadretta che giocava ormai da decenni fra la promozione e la prima categoria ma che ciò nonostante contava un discreto numero di supporters. Non ignorava infatti che con un discreto investimento avrebbe potuto garantire alla squadra qualche stagione di successo in grado di scaldare i tifosi, un capitale umano che al momento opportuno sarebbe potuto tornargli utile.

***

Il giornale del Corso 11/07/2009
Pag. 6
-LA EDILWIND PRESENTA IL PROGETTO PER UN GRNADE CENTRO TURISTICO-
“È di martedì scorso la notizia che la Edilwind, di proprietà del dott. Michele Fasano, ha presentato al comune un mega progetto per un grande centro turistico in grado di intercettare e promuovere l’immagine della nostra cittadina. Il progetto prevede un grande albergo, una ventina di villini con giardino, piscine, centri benessere, una piazzetta attrezzata, bar, ristoranti ed addirittura una discoteca. Il piano che secondo le stime garantirebbe circa 400 posti di lavoro, deve ottenere il via libera della commissione prima e del consiglio comunale poi dato che sorgerà in una zona attualmente agricola. “
Pag. 13
-GRANDI ACQUISTI PER LA VIRTUS-
“La virtus si prepara al meglio per la nuova stagione in Eccellenza. Promossa a pieni voti infatti dallo scorso campionato, il presidente Fasano mantiene le promosse di una campagna acquisti coi fiocchi. Pare infatti che siano ormai certi l’arrivo di Domacchio, che ha disputato uno splendido campionato nel Lucera, Conti dal Liberty Molfetta e Gervasoni dal Pisa. In oltre pare che la squadra locale sia in trattativa per l’ingaggio di un difensore centrale in grado di dare miglior assetto difensivo alla squadra e, questo potrebbe concretizzarsi nelle prossime settimane con l’arrivo di Ametrano dal Bisceglie o addirittura Chiarelli dal Matera neopromossa in C2.”

Le sue dita grosse e callose premevano come una spugna il grosso sigaro cubano. Fissò per un attimo la sua testa incandescente e subito dopo lo porto alle labbra, succhiando la spugna. Il fumo si sprigionò violento fra le pareti dell’ufficio, nella penombra creata dalla lampada sulla scrivania di mogano. Fu allora che bussarono alla porta – Avanti! – La porta si aprì di scatto ed un uomo tarchiato e robusto si avvicinò alla scrivania del dott. Fasano – Allora Michele, ci siamo messi in testa di fare Milano 2? – la risposta fu lapidaria – La squadra già ce l’ho - i due scoppiarono a ridere all’unisono mentre l’uomo tarchiato si accomodò nella poltrona in pelle. Fu Michele che iniziò il discorso.
- Franco, non perdiamoci in convenevoli sappiamo bene entrambi perché siamo qui. Tu sei il sindaco è quel progetto deve essere approvato, bisogna modificare il piano regolatore.
- Ma sai, non è cosi facile, questo tipo di sviluppo del paese ha bisogna di un certo equilibrio, è una questione grande per altro, cazzo tu vuoi creare una città intera li, tieni conto poi che la mia maggioranza è quella che è ci sarà sicuramente qualche consigliere a rompere le palle, per non parlare dei cittadini, manifestazioni…
-Franco, ma di che manifestazioni stai parlando? Ma lo sai come vanno ste cose, ma hai idea di quanti posti di lavoro ci sono in gioco? E tu pensi che qualche ambientalista possa metterti in pericolo? Ricordati che l’anno prossimo si vota…
-Appunto Michè, tu mi vieni a mettere sta bomba mo, almeno aspetta le elezioni che poi con comodo…
-Tu nan si capit nu cazz. Ora ti spiego con calma la questione. Quest’anno il campionato è più importante, quest’anno giochiamo in eccellenza, e noi vogliamo vincerlo sto campionato Franco.
-Michè ma mo che cazzo c’entra il campionato?
- C’entra c’entra… Secondo te Fra’ perché sto spendendo tutti sti soldi per sta squadra? Pensi che c’ho soldi da buttare io? Il discorso e geometrico. Io c’ho sta squadra perché il calcio è la migliore garanzia di popolarità, se la squadra vince io vinco e sarò per tutti un eroe. La luce del successo può spostarsi anche su di te se ci muoviamo bene, e tu sai quanto questa luce può essere importante in vista delle elezioni. Ora io sto investendo su questa squadra, se il piano andrà in porto potrò garantirgli successi e promozioni, questo si traduce in più tifosi. Questi tifosi ci torneranno utili per le elezioni, se vinciamo l’eccellenza io mi candiderò come consigliere e mi porterò dietro insieme ai miei anche molti dei voti ultras, ma la cosa più importante che devi capire è che se tu ti mostri vicino alla squadra, se ti dimostri come il sindaco della squadra, se insomma facciamo in modo che anche tu possa godere di questa luce allora al di là di me il tuo volto sarà associato a quello del successo della squadra e la gioia del campionato sarà freschissima con quella delle elezioni. E Forza Viiirtuus che siamo tantissimiii!!! Ahaha! –
-Certo Miche’ il tuo ragionamento non fa una piega, ma non pensare che sarà facile, il consiglio è pieno di scassa minchie e l’opposizione è pronta a prendere la palla al balzo…
-Franchino non ti preoccupare uscirà qualcosa anche per te, vediamo di intestare prima dell’approvazione della modifica del piano regolatore qualche terreno a qualche parente tuo, o insomma qualche cosa in tutto sto parco giochi si trova, non ti preoccupare Franchino, c’è posto a tavola.

***

Il Giornale del Corso 12/12/2009
Pag. 3
-MAGGIORNAZA DIVISA: SPORTELLI SI OPPONE AL CENTRO EDILWIND-
“Nell’ultimo Consiglio comunale è andato in scena lo sfaldamento della maggioranza a pochi mesi dal voto. Il consigliere Paolo Sportelli infatti è stato molto critico nei confronti dell’approvazione della variazione del Piano regolatore e dell’approvazione del progetto turistico Edilwind. Sportelli denuncia: “Questo provvedimento contiene in se una vergognosa speculazione terriera, oltre che un gravissimo piano di distruzione del piano urbano, i piani regolatori dovrebbero servire a delineare uno sviluppo equilibrato della città, qui invece si stravolgono gli equilibri economici, ambientali, culturali e urbani del Paese”. Il sindaco e il resto della maggioranza invece fanno quadrato respingendo le accuse e chiarendo che questa opportunità al contrario costituisce una manna per la nostra cittadina dal punto di vista economico, turistico e dei posti di lavoro. Al momento però con questi numeri e la defezione di Sportelli il piano non può essere approvato.”

Il Giornale del Corso 23/01/2010
Pag. 15
-VIRUTS JONICA: ADDIO SOGNI DI GLORIA?-
“Quarta sconfitta consecutiva per la Virtus Jonica quella di sabato scorso contro il Manduria. Un campionato che sembrava iniziare sotto i migliori auspici e che vedeva la Virtus in pole position per la promozione alla serie D, vede ora un drastico arresto. Inspiegabile per altro le defezioni nelle ultime 3 partite di Gervasoni e Chiarelli. L’allenatore Gigante getta acqua sul fuoco, parlando di sfortuna e lieve calo fisico della squadra subito recuperabile, ma in realtà sembra che neanche lui ci creda fino in fondo.”

***

Giovedì 4 Febbraio 2010 ore 11.07 – Ufficio del Sindaco.
La scrivania era piena di carte, documenti, appunti, penne, post-it, sigarette, persino una medaglia. Michele Fasano si avvicinò al Sindaco Simoncini, gli strinse la mano e guardandolo fisso negli occhi sospirò – Allora Franchì abbiamo deciso di retrocedere – il sindaco mantenne lo sguardo su di lui e soggiunse – Sei tu il presidente Michele, non io - Michele si accomodò sulla poltrona in pelle accavallo le gambe unì i pollici battendosi le dita all’altezza del petto e guardando verso la fotografia del Presidente Napolitano aggiunse – C’hai ragione e tu sei il sindaco e stai perdendo un’opportunità, il piano e fermo e cosi non và – Franco Simoncini si chinò sullo schienale della sedia e accendendosi una sigarette ammise – Lo so, lo so, Miche’, ma sai bene qual è la situazione, io ho fatto il possibile, sono riuscito a far digerire la cosa a tutta la maggioranza, ma quella testa di cazzo di Sportelli non lo smuovi e io te l’avevo detto che avrebbero rotto. Per altro tutta questa storia invece di rafforzarmi mi ha indebolito ed ora a 3 mesi dalle elezioni mi ritrovo con una maggioranza spaccata. Michè e’ qua mo sei tu che mi devi, anzi ci devi togliere le castagne dal fuoco – Fasano si infilò una mano nella giacca ed estrasse il cellulare, iniziò a spingere pulsanti rassicurando il sindaco – Va bene Fra’ sta cosa vedremo di risolverla, ma quello stronzo me la pagherà. Io mi faccio un giro di consultazione. Tieniti pronto che fra qualche giorno arrivano i rinforzi.

***

Il Giornale del Corso 13/02/2010
Pag. 4
-ATTACCO INCENDIARIO NELL’ABITAZIONE DEL CONSIGLIERE SPORTELLI-
“È di martedì scorso la notizia di un attacco incendiario presso l’abitazione del consigliere comunale Paolo Sportelli, per fortuna i danni sono minimi e riguardano solo il portone dell’abitazione. I fatti: Lunedì sera verso le 23.00 Sportelli, dopo essere tornato da una riunione di maggioranza, si recava a casa quando ha subito notato del fumo proveniente dalla sua abitazione. Giunto sul posto ha notato che il suo portone andava in fumo, subito ha allertato i vicini che con secchi d’acqua ed estintori sono facilmente riusciti a domare le fiamme. Immediatamente Sportelli ha chiamato i Carabinieri che giunti sul posto hanno notato pezzi di vetro sparsi per la zona, deducendo cosi che l’incendio sia stato causato da una bottiglia Molotov. Sportelli però non pare preoccupato e denuncia: «L’incendio non è niente di grave, ma di certo è preoccupante il segnale che si vuol mandare alla mia persona, credo sia fuor di dubbio che l’incendio sia dovuoa alla mia azione politica, evidentemente sto dando fastidio a qualcuno, ma non mi farò intimidire». I militari al momento hanno aperto un fascicolo verso ignoti.”

Il Giornale del Corso 20/02/2010
Pag. 2
-MARINELLI E CASTELLANA PASSANO IN MAGGIORANZA-
“Che l’atmosfera fosse incandescente e gravida di novità lo si era capito già dalla settimana scorsa, ma nell’ultimo consiglio comunale di mercoledì scorso è andata in porto la definitiva rottura dei due consiglieri dell’opposizione Giorgio Marinelli e Piergiorgio Castellana che passano cosi nella squadra del sindaco. Le loro fibrillazioni all’interno del partito erano datate e gli umori non erano dei migliori. Mercoledì scorso però è avvenuto l’atteso epilogo, i due votando a favore di un provvedimento sul piano regolatore proposto dalla maggioranza decidono di non seguire le indicazioni del proprio partito e di votare a favore del provvedimento aggiungendo la volontà di entrare nella maggioranza per incompatibilità con la vecchia compagine. Al nostro giornale Marinelli dichiara: «La nostra decisione è stata dettata da una divergenza sempre più crescente che si respirava nel nostro partito. La goccia ultima è stata il provvedimento per il Piano Edilwind, dove l’opposizione si era mostrata incomprensibilmente contrario per partito preso, non capendo che questo rappresenta un’importante crescita per il nostro paese».

***

Quarantunesimo del secondo tempo, Chiarelli scatta sulla fascia sinistra, dribla con un meraviglioso gesto tecnico il centrocampista del Corato, si accentra sulla tre quarti, passa per Gervasoni, quest’ultimo per Battelli che avanza con la palla al piede, finta verso il difensore avversario, verticalizza per Damacchio, tiro al limite dell’aria, traversa Gervasoni si fa trovare pronto sulla sinsitra e con un colpo di testa insacca la palla decisiva in rete. Virtus Jonica 2 – Atletico Corato 1. La Virtus vince i play-off e conquista la storica promozione in serie D.
La gioia fra gli spalti è incontenibile, al triplice fischio dell’arbitro un tripudio di paese invade il rettangolo di gioco portando in trionfo gli eroi della Virtus, fra le facce esultanti quella del Presidente Fasano e del Sindaco Simoncini, che dimostrano il loro attaccamento sentimentale e viscerale a questa meravigliosa squadra, orgoglio del paese tutto. I tifosi si avvicinano al presidente e lo prendono fra le gambe portandolo in giro come trofeo, poco più tardi toccherà la stessa fine al Sindaco, apparentemente alticcio di qualche spumante di troppo. La Virtus conclude vittoriosamente l’eccellenza.

Il Giornale del Corso 24/04/2010
Pag.10
-LA VIRTUS CONQUISTA LA D-
“2 a 1. La Virtus conclude con questo meraviglioso punteggio la sua avventura in Eccellenza, e conquista ai Play off l’agoniata promozione. Tanta la gioia fra gli spalti e fra i tifosi che dopo aver riempito lo stadio hanno attraversato fra caroselli festosi le vie del paese. Al nostro giornale le dichiarazioni entusiasmanti del Presidente Fasano “Questa è la degna conclusione di un campionato che abbiamo affrontato con coraggio e giusta determinazione, non sono mancati momenti critici ma ho sempre creduto in questa squadra e il risultati ci hanno premiato, ora ci aspettano nuove sfide”. Ai festeggiamenti si è aggiunta la voce del Sindaco Simoncelli, tifoso della prima ora della Virtus: “Questa vittoria è una vittoria del paese tutto che è finalmente fiero di questa squadra. Credo di far cosa giusta nell’esprimere i più vivi ringraziamenti da parte della cittadinanza alla Virtus ed al suo Presidente Fasano”.
Il lembo inferiore destro della pagina si piego fra le sue dita rugose fino a mostrare il suo secondo lato. L’uomo sorseggiò l’ultima goccia di caffè, chiuse definitivamente il giornale e si diresse verso l’uscita del bar.


Bookmark and Share

venerdì 10 settembre 2010

Elogio del fischio


"Marcello Dell'Utri è stato duramente contestato a Como e costretto ad abbandonare in tutta fretta la sala dove avrebbe dovuto parlare. Il programma prevedeva la presentazione dei diari di Mussolini di proprietà del senatore del Popolo della Libertà, condannato in secondo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. [...]"Forse gli autori della 'bravata' neanche lo sanno, ma il loro comportamento incivile nei confronti di Marcello Dell'Utri ha i caratteri di un'azione da squadristi". Lo dice Daniele Capezzone, portavoce del Pdl [..] "La manifestazione che ha impedito ieri a Dell'Utri di parlare a Como è assolutamente indegna e dovrebbe essere condannata da tutti. Invece vediamo che c'è un silenzio omertoso e inquietante". Lo dichiara Fabrizio Cicchitto, capogruppo Pdl alla Camera." Rainews 24

"Il presidente del Senato contestato da alcuni grillini alla festa del Pd di Torino, dice «basta alla stagione di veleni» e auspica «maggiore responsabilità».
Il capo dello stato, Giorgio Napolitano deplora «l'intimidatoria gazzarra contro Renato Schifani». «Il tentativo di impedire con intimidatorie gazzarre il libero svolgimento di manifestazioni e discorsi politici é un segno dell'allarmante degenerazione che caratterizza i comportamenti di gruppi, sia pur minoritari, incapaci di rispettare il principio del libero e democratico confronto e di riconoscere nel parlamento e nella stessa magistratura le istituzioni cui é affidata nel sistema democratico ogni chiarificazione e ricerca di verità». [...] «Provate ad ascoltare», ha spiegato Fassino ai manifestanti. «La festa del Pd - ha aggiunto - è un luogo in cui si discute, per questo abbiamo invitato il presidente Schifani, pur sapendo che molte sue idee sono diverse dalle nostre. In questi giorni abbiamo accusato di essere uno squadrista chi vuole contestare Gianfranco Fini alla festa di domenica. Questo metodo è lo stesso»." Il Sole 24 Ore

"Alle cinque in punto era previsto l'incontro sulle sfide del lavoro e dello sviluppo. Invitati il vicesegretario del Partito democratico Enrico Letta, Aldo Soldi, presidente di Coop, e appunto Bonanni. Il sindacalista non fa in tempo a prendere la parola per salutare la platea che viene investito da una scarica di fischi e slogan. [...]  Il primo a commentare l'episodio è, ancora dal palco, Enrico Letta: "Voi non avete niente a che fare con la democrazia - dice ai contestatori - Siete il contrario di quello di cui ha bisogno il Paese". [...] Per tutta la giornata è stato un susseguirsi di dichiarazioni e di condanne dell'episodio. A partire dalla Fiom [...] "La democrazia è un principio irrinunciabile, basato sul confronto e sulla libertà che tutti devono avere di esprimere le proprie opinioni", ha detto il segretario generale della Fiom-Cgil, Landini. [...] Così anche il segretario Pd Pier Luigi Bersani, il primo a telefonare a Bonanni: "Si è trattato di un atto di intimidazione, direi squadrista". "Dobbiamo recuperare la civiltà del dialogo", dice il segretario di Sel, Nichi Vendola. Per Antonio Di Pietro, IdV, si è trattato di una dimostrazione di violenza che "danneggia la democrazia", mentre Veltroni invita a non soffiare sul fuoco di una situazione economica e sociale "delicatissima"." Repubblica

Ora respirate. Piano. Lentamente inspirate ed espirate. E proviamo a ragionare in questo mondo alla rovescia.
Per partire nel ragionamento dobbiamo individuare tre variabili che spieghino tutto ciò: la libertà di parola, la libertà di contestazione e il potere. Per la verità le prime due variabili sono di per sé conseguenti in quanto una funzione dell'altra, ma nella narrazione ufficiale unanime di questi giorni appaiono distinte proprio perché in questa versione manca la terza variabile: il potere, senza la quale è impossibile capire tutto il resto e senza la quale il potere stesso si fa vittima contrapponendo la libertà di parola a quello di contestazione giungendo a definire squadrista la seconda. Ma andiamo per gradi.

Preso atto dell'esistenza del potere, esso si estrinseca nella sua forma pura, nell'esercitare coercitivamente la sua volonta su chi il potere non lo detiene (sia esso politico, sociale, culturale, religioso o quant'altro). Il potere quindi di per sé non ha un diritto di parola, in quanto esso non ne ha bisogno. Il potere parla! Come e quanto vuole e, l'evidenza del suo potere sta proprio in questa facoltà senza la quale non ci sarebbe potere. 
Colui che subisce il potere (sempre nella sua forma pura) non detiene un potere di parola, questo potere invece, a seconda dei casi, può tuttavia essere accordato grazie al diritto di parola. In altri termini è la lotta e la rivendicazione di chi non detiene potere che strappa a chi lo detiene il diritto di parola. Ne consegue quindi che  il diritto di parola ha senso solo e nella misura in cui è anche diritto di critica e di contestazione al potere.

Nel paradosso di questi giorni invece il discorso dominante narra le vicende tralasciando sé stesso in quanto potere e accusando chi il potere non lo detiene di contestarlo, negandogli libertà di parola. Diviene quindi che la contestazione al potere è un atto squadrista, un atto autoritario e fascista nei confronti del suo diritto di parola. E nel volontario ribaltamento della realtà chi non detiene il potere, manifestando un suo diritto di parola e di contestazione, diviene censore del potere. Il ribaltamento è voluto proprio nella misura in cui il potere si finge vittima per negare il diritto di parola e di contestazione a chi il potere non lo detiene censurandolo come squadrista. Ma è di tutta evidenza che, come visto prima, non esiste un diritto di parola del potere, in quanto il potere parla di per sé: Non riesce forse Bonanni a far conoscere a chiunque le proprie idee e la propria linea sindacale? Ed è forse vietato a Schifani di dire le sue opinioni politiche da Presidente del Senato? E Dell'Utri si ritrova per caso ad affrontare questa dura ed estenuante lotta per far conoscere i suoi (falsi) diari di Mussolini e a difendersi dalle accuse di mafia? É evidente che il solo pensarlo crea ilarità in quanto ad essi non è mai negato spazio comunicativo, in questo o quel salotto televisivo ed in questo o quel giornale e questo proprio perché essi detengono potere, di certo non è riservato lo stesso spazio a me ed alla maggior parte delle persone che il potere non lo deteniamo, sarebbe squadrista quindi se venisse negato il mio diritto di parola, non il loro potere di parola.

Per concludere quindi è bene ristabilire che:
Chi fischia e contesta Dell'Utri, Schifani e Bonanni esercita il suo sacrosanto diritto di parola e di contestazione.
Chi detiene il potere (in un sistema democratico) deve accettare il dissenso e la contestazione. In quanto il potere Parla!
Tutto ciò si chiama democrazia caro il mio Letta.




Bookmark and Share

lunedì 19 luglio 2010

Il mio secondo viaggio


Di notte mi capita spesso di sognarlo. Anche questa notte, mi sono svegliato di soprassalto. Il mio respiro forte e palpitante. Per un attimo mi chiedo dove sono, un attimo che dura una vita. Un viaggio. Mi guardo intorno e vedo betoniere arrugginite, materassi sudici per terra e tanti schiavi come me a dormire insieme ai topi. Anche questa notte ho sognato mio padre, avevo 10 anni quando mi portò per la prima volta in Egitto. Papà era un importante medico di Asmara in Eritrea e ricordo quel periodo come il più bello ed il più spensierato della mia vita. Lo ricordo come un sogno strappatomi con la forza, come una fiaba mai realmente accaduta. Ricordo quel primo viaggio, indimenticabile. Papà mi faceva giocare con la sua macchina fotografica ed io immortalavo tutto, gli splendidi riflessi del Mar Rosso, le maestose piramidi, i bazar coloratissimi. Ricordo il volto sorridente di mio padre e i suoi occhi che baciavano i miei. Ricordo anche la prima volta che vidi un deserto, in cui scoprì quel mistero della terra che suggeriva l’infinito. La prima volta mi abbracciò. La seconda mi tradì. Il sogno cambia direzione, cambia viaggio. L’altro, il viaggio. Lo scoprì una mattina di 5 anni fa, tornavo dall’Università ed appena varcata la porta trovai l’intera casa sottosopra. Salii correndo le scale e con il cuore in gola. Al piano di sopra trovai l’orrenda scoperta. Mia sorella Saba violentata ed uccisa. Mio padre lo portarono via. Furono i soldati mandati dal governo. Fu solo per caso che quel giorno avevo un colloquio con un professore in Università che mi salvò la vita. Non ebbi scelta. La notte scappai, presi il mio zaino lo riempii alla meglio e mi diressi verso il confine. Ecco il mio secondo viaggio. Alla frontiera mi dissero di chiedere ad alcuni ragazzi libici, loro mi avrebbero dato un passaggio attraverso il deserto del Sudan sino in Libia. Pagai quei ragazzi quasi tutti i risparmi che ero riuscito a prendere da casa. Aspettai 3 giorni nascosto in un deposito insieme ad altre 40 persone. Il terzo giorno ci chiamarono dissero di muoverci, ci caricarono su 2 furgoni, in 40 e stretti come sardine iniziò la traversata del deserto. Anche quella volta di notte. Fu mentre guardavo in lacrime il confine eritreo allontanarsi che notai questo perverso rapporto fra il viaggio e la notte, o meglio, tra la fuga e la notte. Due compagne silenziose e disumane che d’un tratto strappavano i tuoi ricordi, come un album fotografico in frantumi. Era la nebbia che cancellava tutto ciò che eri stato, che cancellava papà e l’Egitto, e le foto sul Mar Rosso. Era il viaggio che si ripresentava col suo volto violento. La traversata durò 10 giorni. 10 giorni stretti all’inverosimile su quel furgone, nel deserto. Una puzza indescrivibile, gente che si lasciava cadere nel deserto, abbandonata ad una atroce morte, gente che si vomitava addosso, l’acqua che diminuiva ogni giorno. Un inferno. La mia seconda volta col deserto. Terribile e violento come un leone non più domato fra le gabbie dello zoo. Un Leone che mostra il so vero volto. La morte. Arrivammo in Libia stremati. Arrivati lì molti di noi si dissero è fatta. Ci lasciarono al confine e lì ci vendettero ad altri che ci avrebbero portati sino a Tripoli. Io non avevo i soldi per pagarli e cosi una volta giunti a Tripoli mi tennero come schiavo. Lavorai per loro 4 mesi, per pagarmi quel viaggio, come operaio di costruzioni, lavoravo come un animale 15 ore al giorno. Alla fine scappai. Iniziai a vagare per la città in cerca di qualcosa da mangiare, la prima volta mi fermò la polizia mi chiese di dov’ero io dissi libico, loro insistettero: Di dove sei merda! - Eritrea – risposi. Mi chiesero dei soldi altrimenti mi avrebbero arrestato, io feci finta di guardare nelle tasche e scappai. Ecco un’altra caratteristica del mio viaggio. Scappare sempre e da chiunque, come un gatto impaurito, appena vede esseri umani, perché per me ormai l’essere umano è un pericolo da cui scappare. Finì a vivere per strada arrangiandomi con quel che potevo, rubando qualcosa qua e la per mangiare. Alla fine un giorno un uomo mi prese per la maglia, mi disse lo so che sei straniero, dammi dei soldi o peggio per te. Io gli risposi, ma non vedi che non ho niente. Non ci fu verso di convincerlo e mi spedi presso la Polizia. Lì mi picchiarono a sangue, la mia schiena piena di frustrate e dopo un po’ mi misero in un container e mi rispedirono a sud della Libia, per la precisione a Kufrah, da allora quando immagino l’inferno ho bene in mente com’è fatto. Un giorno un ragazzo qui in Italia che aiuta gli stranieri mi ha spiegato che quel carcere è stato finanziato anche dal governo italiano. A Kufrah ho visto di nuovo il volto della morte. Peggio ho visto la morte della vita. A Kufrah non esiste più la vita, anche se non sei morto. Eravamo rinchiusi 60 persone in una cella, dormivamo per terra. Le donne erano rinchiuse in un’altra parte del carcere e ci dicevano che venivano violentate e torturate. Anch’io ma non lo ricordo più. Rimasi in quell’inferno 4 anni. 4 anni in cui smisi di vivere. In cui la mia vita non è mai esistita, in cui i giorni non sono mai passati. Grazie ad un amico eritreo conosciuto in carcere riuscimmo a pagare la polizia, e ci dettero nelle mani dei trafficanti. Ci rispedirono vicino a Tripoli in un container e lì lavorai altri 3 mesi per mettere da parte i soldi per la traversata. Arrivò il giorno ci chiamarono era notte. Ancora una. Eravamo 30 persone tutte su un gommone. Partimmo ad attraversare l’ultimo deserto. Il più corto e spietato. L’ultima cortina prima della libertà. Il Mediterraneo. Durò 3 giorni. Sembravano 3 anni. Al largo molti di noi si sentirono male, donne incinta furono buttate a mare dai traghettatori. Era l’ultima prova. Dovevi resistere o morire nel Mediterraneo. Arrivammo stremati a Lampedusa. Poi non ricordo più niente. Ricordo solo che dormì continuamente per 3 giorni, ci chiusero nel campo di Lampedusa e alla fine del viaggio, dopo aver preso confidenza con la morte più di una sorella, chiesi l’asilo. Ora sono un rifugiato. L’Italia ha ritenuto che io avessi diritto ad avere l’asilo politico, ma solo dopo essere riuscito ad arrivare sano e salvo alla fine del viaggio. Ora lavoro a nero in un campo agricolo. Ora sono qui in questo dormitorio per topi, mentre i miei sogni non mi fanno dormire. Il mio viaggio non ha più inizio o fine. Il mio viaggio è un incubo nella mia testa. Un tradimento della mia anima. Un lento morire. Senza meta.

Pubblicato su  Mythos di Luglio
Bookmark and Share

mercoledì 7 luglio 2010

Il segreto dei Bar


"Jimmy conosceva il segreto dei bar". Il cigolio delle porte era uno di questi. L'appicicaticcio alcolico dei tavoli e del bancone l'ingrediente immancabile. Un barista con barba incolta e camicia sbottonata. Una barista non più giovanissima che mostra le sue grazie ed il suo seno prosperoso ed esperto fra i suoi capelli dispersi che accarezzano il collo sinuoso in ciocche bagnate di sudore. Dentro un odore caldo di sigarette al mentolo e lozioni per capelli invecchiate. Le lozioni. Ma il segreto unico, il più sacro e genuino, l'indispensabile è il cliente. Forma postmoderna per identificare, distanziare, mercificare quella figura mistica e salvifica per l'umanità che è l'uomo da bar. Volti spigolosi e unici, attori del mondo che potrebbero riempire cinema. Storie mistiche e terrene, profani del quotidiano che si affollano nella cerimonia del bar, più col sangue che col corpo di Cristo, loro, che puliscono il sangue col sangue, e purificano il corpo con altri corpi. Fra i tavoli pesanti di gomiti ebbri, giornali sportivi, gazzette locali e carte da gioco, le età si perdono fra i profumi di rum e birra. E Jimmy, Jimmy conosceva il segreto dei bar, talmente bene che sulla porta del paradiso del bar "Toilette" era incorniciata in una targhetta quella frase sacra: "Jimmy conosceva il segreto dei bar". Era un ragazzetto strano per quel posto, o meglio, non che disdegnasse la compagnia e i vizi degli avventori, ma lo faceva a modo suo. Con i suoi baffi folti, seduto in fondo al solito tavolo. Arrivava si sedeva ordinava una media, tirava giù un bel sorso, si guardava intorno, prendeva il suo taccuino e iniziava a scrivere, ma cosi, con una naturalezza tale, come se stesse giocando a carte, scriveva, beveva, parlava con noi, scherzava, viveva il bar e scriveva. Chissà Jimmy, ora avrà scritto su un romanzo su quelle storie, su quei pazzi ubriaconi, sui vecchietti che leggevano la gazzetta sportiva, o sulle bevute al fondo. O forse chissà avrà usato tutto quel materiale per una di quelle cose moderne, materiale da blog.
Bookmark and Share

mercoledì 16 giugno 2010

Il dott. Franker e il segreto di Betty La Talpa


Nella stanza in penombra del dott. Franker un fascio di luce illuminava impolverata una mattonella scheggiata sul pavimento. Il caldo torbido e soffocante richiede una necessario letargo fra finestre e veneziane. Steso sul letto intontito e fiacco del nulla, il dott. Franker gocciolava dalla sua pancia nuda e sudaticcia. L'unico suono percettibile oltre il suo affannoso respiro era la ventola che girava di continuo nell'appartamento. Il dott. Franker pensò: ecco un'immagine emblematica della vita. Un'affannoso rincorrere il nulla sudato su di un letto. Cellule sdraiate sul mondo senza grazia. Polvere, odori e sudori sbattuti sul pavimento della terra. Fu in quel preciso istante che il telefono squillò. Il dott. Franker aspettò un po' prima di rispondere, gli apparve infatti che quel telefono squillante regalasse un'ennesima spiegazione al caos della vita. Una continua aspettativa inespressa. Pronto studio investigativo Franker con chi parlo? - una voce di donna dall'altra parte della cornetta pronunciò qualcosa di incomprensibile - mufuauff! vuofhham! - Come? - proseguì il dott. Franker - con chi parlo? - Emm mi scusi avevo dimenticato di togliere la mascherina antigas, dicevo sono Betty La Talpa. - Ciao Betty - disse il dott. Franker senza entusiasmo - qual buon vento? - Dottor Franker, solo lei può aiutarmi!  - Qual'è il problema? - É l'ingegner Karagoriki faccia da tricheco.
Di colpo il dott. Franker si svegliò, la palpitazione altissima nel caldo infernale. Quell'incubo lo rincorreva, quella visione di Betty La Talpa e la sua maschera antismog e quell'altro strano tipo l'ingegner Karagoriki faccia da tricheco e la sua mania per gli orli delle camicie. Era lo stesso sogno che ciclicamente gli si faceva largo nella penombra della sua mente e che riduceva il dott Franker in quello stato infernale. Cosa significava tutto ciò? chi erano questi mostri nella sua mente? Cosa cercavano?
 Si alzò lentamente dal divano aprì il frigo e tirò fuori una bottiglia d'acqua, la bevve tutta d'un sorso. Ahhh!
Alzò lo sguardo e vide confuso la sua foto di laurea impolverata. Trentenne, al suo fianco lei, con il suo sorriso splendente e naturale. E la maglietta con l'immagine di Marilyn. Lo so lo so, è lei che mi chiama, ma cosa diavolo vorrà...non posso, non posso più...Betty non posso!
Bookmark and Share

domenica 30 maggio 2010

Osare l'impossibile


"...e data l'ora l'aspetto la cattiva reputazione le voglie sconfinate la necessità d'infinito. Raffina i sentimenti raffina i sentimenti, trasgredisci i rituali trasgredisci i rituali..."
A quest'ora dovremmo già essere di fronte alla fabbrica. Dobbiamo muoverci. I tergicristalli ossessivi come un metronomo scandiscono il battito della drum machine made in CCCP. Dobbiamo muoverci cazzo. A quest'ora la celere sarà già lì di fronte. La situazione è finalmente frizzante. L'aria putrida e ristagnante inizia a ribollire. I morti tornano a cantare. Eccoci arrivati, per fortuna i cancelli sono ancora liberi. Entriamo in fabbrica il cordone operaio ci riconosce, "ancora un'altro po' ed entravate direttamente insieme agli sbirri". L'assemblea è già iniziata, aspettano noi per le "notizie dal mondo". L'aria è in subbuglio. Su quei volti rugosi, nervosi, sudati, su quegli occhi limpidi e profondi di fatica, ora brilla l'angosciosa felicità libertaria. "Compagni! Badate bene che da qui non si torna più in dietro. La situazione creatasi, non ci pone alternative. Non abbiamo scelto noi questo scontro, questo scontro va avanti da anni, da decenni, da secoli. Tocca a noi che parte fare nel gioco, quello di carne da macello o di resistenti. In più di 30 anni questi porci c'hanno derubato di tutto, tutti i nostri diritti, tutte le nostre garanzie, hanno chiesto sempre e solo produtività, prima col cottimo, poi abolendo la scala mobile, poi hanno inventato il precariato, la flessibilità, hanno delocalizzato le nostre aziende dov'e pagano di meno per sfruttare di più altri poveri cristi. In questi 30 anni il divario sociale fra ricchi è poveri è aumentato a dismisura. Mentre noi, mentre la povera gente, la gente comune, i lavoratori le famiglie, hanno visto perdere il loro potere d'acquisto, i loro salari, hanno perso il lavoro, mentre i giovani hanno visto cancellare dal loro orizzonte il futuro attraverso il fantasma della precarietà. Pochissimi furbetti hanno rubato ricchezze infinite. Le nostre ricchezze, padroni, palazzinari, manager, speculatori finanziari. C'hanno per 30 anni riempito la testa di cazzate, sulla globalizzazione, sul mercato, sulla possibilità di diventare tutti ricchi facilmente, cazzate! Era solo la loro propaganda per farci lavorare di più e far arricchire sempre più loro. Ora quei porci hanno causato questa crisi immane, attraverso i loro giochetti di borsa, perché signori miei questa è una crisi di sistema e non di mele marce. In questi anni noi non avevamo i soldi per comprare i loro telefonini, i loro DVD, i loro decoder, le loro case, i loro televisori al plasma, e allora hanno rimandato tutto col debito, debito su debito, la crisi s'è spostata nel tempo e s'è gonfiata. E ora questi porci vogliono farcela pagare a noi la crisi, ora vogliono che noi facciamo i sacrifici, sacrifici...sacrifici sto cazzo! Per chi dovremmo farli sti sacrifici? Per le banche? Per i padroni? per i capitalisti? Per dare ancora più soldi a questo porci? C'hanno rotto i coglioni per decenni sul libero mercato, sullo stato che non deve intervenire, sullo stato cattivo, sulle privatizzazioni! E ora? Ora che hanno perso tutti i nostri soldi alle slot machine vanno a piangere da mamma stato per chiedere aiuti, e mamma stato che fa? Dice va bene ora chiediamo un po' di sacrifici ai miei sudditi, ai lavoratori, alle famiglie...alle bestie da soma! Ma è ora compagni di dire no! La crisi la paghino loro! Vedete cos'hanno fatto in Grecia, gli speculatori hanno giocato con i titoli greci facendo fallire lo stato, e ora per pagare quei debiti l'Europa invece di comprare tutti i suoi titoli e salvarla dalla speculazione che fa? si comporta come gli strozzini, gli fa un prestito. E che vuol dire? Vuol dire che le banche europee hanno prestato soldi all'Europa ad un tasso d'interesse, l'Europa li ha prestati alla Grecia ad un tasso maggiore per pagare gli interessi della speculazione. Alla fine del giro i lavoratori greci pagheranno gli speculatori. Cari signori questa è la crisi. Ma ora diciamo basta! Sapete perché? Sapete perché accade ed è accaduto tutto ciò? Perché in tutti questi anni noi lavoratori non abbiamo avuto nessuna rappresentanza. Non abbiamo avuta nessuna forza. Noi lavoratori non contavamo più un cazzo e nella lotta di classe noi eravamo i perdenti. Ci ubriacavano di televisione e antipolitica, di odio verso lo straniero, verso il più povero, desiderando di vincere al gratta e vinci. Ora basta. Ora bisogna organizzarsi, ovunque, dobbiamo essere una sola grande forza, sociale e politica che non si piegeherà più!" Il discorso del macchinista fece gran presa fra i suoi colleghi, gli esiti disastrosi di politiche cosi scellerate, unite all'ignobile putridume del governo e della politica italiana facevano il resto. Dal microfono fanno il mio nome. Mi dirigo deciso. "Compagni la situazione in tutta la regione ed in tutt'Italia è rivoluzionaria. Una presa di coscienza cosi forte e cosi vasta non s'era mai vista prima. Sono ormai giorni che si susseguono ovunque occupazioni di fabbriche, scuole, uffici, comuni, province, regioni, televisioni, giornali, radio. Persino un ospedale privato è stato occupato dal personale medico e si è dichiarato disponibile a curare eventuali feriti durante gli scontri gratuitamente. L'aria che si respira è quella di una miccia accesa che si esaurisce silenziosa prima del boato. Ora l'importante è restare calmi, decisi e fermi. L'occupazione del sistema produttivo nazionale, rappresenta un punto avanzatissimo di lotta. Rappresenta una rivoluzione di fatto senza necessità di prendere il Palazzo d'Inverno. Non ci sono centri decisionali da prendere, non ci sono palazzi del potere da espugnare. Nell'era del decentramento reticolare, vanno presi tutti i nodi nevralgici, e vanno messi in rete. Dobbiamo essere un cancro benefico che si propaga di cellula in cellula. Tutto ciò ha bisogno quindi di una unificazione delle lotte. Tutte le occupazioni, le rivolte, gli scioperi, devono unirsi in un unica soggettività politica che possa portare a termine questa rivoluzione. Una rivoluzione reticolare, decentrata. Dal basso."
"...Grande l'impossibile, osare la confusione, il cielo è sopra e sotto, ci si può solo perdere, ci si può solo perdere..."

Bookmark and Share

mercoledì 19 maggio 2010

Il Presidente Biff Tannen


L'aria umida e afosa dell'estate romana mi soffoca. La mia Lucky Strike fa il resto. Questa sensazione di bagnato sporco, di sudore e appiccicaticcio sulla pelle, sulle palpebre, sui polpastrelli, saliva amara e gola secca, tutto mi affoga in questo caldo morto. Mentre la mia testa, anch'essa ingabbiata nel torbido di questa Italia.
Una catena fatta di rifiuti tossici mi tiene immobilizzato alla putrida orgia di questo paese, che puzza di naftalina e viagra. 
L'immagine che più mi appare coincidente a volte e quella di Ritorno al Futuro 2. Il giovane Martin Mc Fly di ritorno da una nuova avventura nel 2015 decide che forse quella macchina del tempo può anche servirgli per, diciamo cosi, divertirsi un po' e guadagnarci qualcosa. Entra per caso in un negozio di articoli anni '80 (oggi si direbbe vintage) e nota il Grande Almanacco Sportivo. Decide cosi di compararlo per "arrotondare" la vita con qualche scommessa azzeccata, ma poco prima del ritorno il vecchio Biff Tannen ascolta la conversazione fra Doc e Martin dove il professore rimprovera il ragazzo per il maligno pensiero di facile arricchimento e getta l'almanacco nella pattumiera. Il vecchio Biff cosi si impossessa dell'almanacco, ruba la macchina del tempo e torna nel 1955 per consegnare a se stesso giovane l'almanacco miracoloso, consigliandolo di farne buon uso. Succede cosi che Martin torna nel 1985 e invece della sua amata cittadina, si ritrova in un inferno di delinquenza, sopraffazione e degrado, dove la polizia è in combutta con la mafia e la scuola è stata chiusa. Sconcertato per ciò che vede inizia a vagare smarrito per la città, quando d'improvviso scopre l'arcano. Biff è divenuto padrone della città grazie alle "fortuite" vincite ottenute con le scommesse sportive. 
Ebbene spesso ho l'impressione che sia accaduta la stessa cosa anche oggi, anche qui. Spesso mi chiedo come sia stato possibile cadere in una fogna criminale ademocratica di furbetti del quartierino e puttane ministre, e mi dico: è Biff che si è preso il Grande Almanacco sportivo. É precisamente questo. 
Biff ha approfittato della nostra piccola debolezza, del nostro sogno segreto, della nostra modesta opportunità di guadagnarci qualcosa. Ci ha fregato l'idea e ne ha fatto un incubo a cielo aperto. 
Il presidente Biff Tannen. Ci ha fregati da molto tempo, precisamente da quel 1955, il giorno del grande ballo. Ed è da lì che ha iniziato la sua stupefacente ed incredibile fortuna, dai tratti quasi fiabeschi.
É andata cosi, è andata perfettamente cosi Doc. Dovremmo ritornare nel futuro per impedire a Biff di rubare l'almanacco? No, perché quello sarebbe il futuro di Biff. L'unica possibilità è tornare nel passato. 
E rimettere in ordine la storia.
Bookmark and Share

giovedì 6 maggio 2010

Fedeli Alla Linea




La voce circolava già da un po'. Ma stranamente silenziosa. Quasi ce se ne vergognava a dirla chiaramente. Neppure i telegiornali, neanche quelli dal gossip spinto, neanche quelli del cagnolino che ha fatto 300Km per ritrovare la sua padroncina ne hanno parlato. Il silenzio, muto e spaventoso che circolava come una peste nera di bocca in bocca. Eppur è successo.

Una storia talmente strana da apparire vera. Eppure non è per me. Lo so, io, io sono sempre stato un uomo di scienza, io, un uomo ligio al realismo, alla ragione, alla certezza, alla spiegazione...materialista e ateo. E adesso mi ritrovo in balia di questo incantesimo, spinto da chissà quale forza nascosta nell'andare a scoprire, a vedere da più vicino questo strano fenomeno di cui tutti silenziosamente parlano ansiosi. Forse è proprio la mia fede nella Ragione a spingermi. La mia fede.

Ho passato il casello di Bologna. Dalla radio London Calling dei Clash. Sono teso. Questa storia non mi piace per niente e chissà perché la redazione del giornale ha mandato proprio me per questo genere di cose. Lo sanno come la penso. Questa genere di spazzatura poi, non è da loro. Già, il problema però e che non sembra spazzatura, non sembra la solita roba, lo so, lo so è roba da pazzi, ma non lo so neanch'io questa storia. Questa storia.

Ore 12.23. Arrivo nel paesino. 2000 anime. 2015 corpi. I restanti 15 dicono di essersi giocati l'anima per Karina. Una russa trasferitasi qui dopo il crollo del Muro. O meglio lei dice dopo il crollo dell'URSS. Ma è lo stesso. Karina arrotondava le sue entrate. Sempre nel suo appartamento. Fra una foto del compagno Lenin ed una di San Nicola. Ma, come diceva lei, è lo stesso. Karina però lavorava gratis quando si trattava di poveri cristi. Diceva loro: Ora ti spiego cos'è il socialismo. Ed una volta fuori di lì c'era da scommetterci per chi avessero votato.

Ore 12.34. Eccomi qui è questo il posto. É qui. Attorno a me una folla di invasati. Di ogni risma. Iniziano a scalciare, volano insulti, risse. Fedeli, delle diverse congregazioni sono qui riunite per vedere l'evento. Ci sono proprio tutti, quanti mai uomo né possa immaginare. C'erano 15 formazioni Trotzkiste, 11 Marxiste-Leniniste di cui 7 Maoiste-Staliniste, 3 solo Staliniste e 1 solo Maoista. C'erano i Comunisti del nuovo millennio, i Marxisti Cattolici, i Guevaristi, i Castristi, i Terzomondisti, le Femministe Marxiste, i Gramsciani, i Luxemburghiani, e tantissime sigle sparse. C'erano poi i Socialisti, i Socialdemocratici, i Riformatori Socialisti, i Socialrivoluzionari, e persino una sigla sconosciuta di Marxisti di destra. Era una babele. Era un inferno.

Ad un certo punto s'avvicinò questa specie di santone. Era un ragazzino di 22 anni, a cui nessuno avrebbe dato un soldo. Era vestito con un jeans, una maglietta nera dei Dream Theater e delle Converse. Si avvicinò silenzioso ma sicuro e alzò per un attimo la mano ad attirare l'attenzione di tutti. La folla in guerra si fermò d'improvviso, tutti porgendo lo sguardo al ragazzino. Esordì: care compagne e cari compagni qui convenute/i, state per assistere ad una rivelazione unica. Molti di voi probabilmente saranno scettici e pieni di dubbi, ma abbiate fede. Il Maestro mi ha parlato qui su questa roccia da cui ora vi sto parlando. Ormai una settimana fa, e mi ha detto di radunarvi, da tutto il mondo. Ha detto così, chiama qui tutti coloro che ancora si rifanno al mio nome e portali in questo posto fra una settimana alla stessa ora io riapparirò e svelerò loro il grande segreto.

Ebbene l'apparizione avvenne alle 12.45 e manca appena un minuto. Per questo scendo e lascio che il Maestro appaia per parlarvi.

La folla ammutolì. C'era chi iniziava ad inginocchiarsi, chi a piangere chi a pregare, chi a strapparsi i vestiti di dosso. Alle 12.45 puntuale una luce accecò tutti. Da quel bagliore uscì lentamente la sua sagoma. Incredibile. Non può essere vero eppure era lì. É qui di fronte ai miei occhi. Karl Marx.

La folla sempre più incredula e ammutolita non sapeva che fare, qualcuno accennò ad un pugno chiuso, ma Marx li tranquillizzò tutti con un sorriso. E poi esordì: Compagne e compagni qui giunti, appaio ai vostri occhi affinché possiate sapere dalle mie vive parole il gran segreto. Io in vita ho rivelato ai posteri il gran segreto che è della macchina più diabolica e distruttiva che l'uomo abbia mai creato: il capitalismo. Ho scoperto per voi i suoi intrinsechi meccanismi alienanti, il suo sfruttamento continuo, le sue eterne contraddizioni. Vi ho anche spiegato l'obbiettivo ultimo della classe operaia, forza rivoluzionaria, la funzione del partito nell'organizzazione della classe operaia. Vi ho detto infine Proletari di tutto il mondo unitevi! Ma voi per tutta risposta vi siete divisi in mille sette, dichiarandovi fedeli a questo o quel leader in rapporto al suo pensiero e neanche questo vi bastava. Avete creato delle chiese in mio onore piuttosto che la liberazione del proletariato. Cosi come la chiesa ha creato il clero, piuttosto che la liberazione delle anime. Allora la volete sapere una cosa. Siete degli imbecilli. Ecco cosa siete.

La folla iniziò a rumoreggiare prima al suo interno, si sentiva dire si è vero è vero. La colpa è degli Stalinisti, ossessionati col culto della personalità, e poi: No siete voi traditori Trotzkisti, e voi allora socialfascisti, questo siete, revisionisti! Riprese la folla ad infuriarsi, a creare risse l'un l'altro. Finché Marx infuriato urlò: Teste di Cazzo! la folla si fermò si girò verso la roccia e vide il Maestro con occhi di fuoco guardarli assatanato. La folla ormai esausta prese a scontrarsi contro di lui piuttosto che con se stessa. Ma chi cazzo sei tu? eh? chi sei? Sei solo un truffatore, sei una spia capitalista ecco che sei, sparisci! Iniziarono a volare oggetti verso la roccia, versi ingiuriosi verso il Maestro.

Marx scomparì in lacrime. Mentre la folla continuava a darsele di santa ragione e poco lontano il ragazzino ventenne ascoltava con il suo I-Pod un pezzo dei Napalm Death, mentre con le mani mimava velocemente il suono della batteria.


Bookmark and Share

sabato 24 aprile 2010

Io se fossi Io


Guardavo piegato sulla scogliera un quarto di verme che si muoveva mentre veniva infilzato all'amo. Una scatola di vermi insanguinati che veniva banchettato da una colonna di mosche. E mi chiedevo: è tutto qui il mondo? Un enorme banchetto? E questa la vita vermi mangiati da mosche, esche che strozzano pesci, uomini che muoiono cosi per caso dopo aver passato la loro vita a guardare la tv o ad andare a lavoro, o a far piacere ai loro capi o alle loro mogli, o a fare del giardinaggio. O semplicemente seviziati per tutta la loro vita. Un inutile ballo senza senso dove sangue e sperma si mischiano ripetutamente senza fine. E fu allora che scaturò la domanda fatidica. Senza puzza di chiesa, che fine fa l'Io. Che fine fa questo mio Io una volta morto? Voglio dire, cercando di non cadere nella trappola consolatoria dell'anima. Se tutto è organico allora non ci dovrebbero essere Io, ma solo esseri, solo un tutto senza Io. E invece no, finisce che in questa farsa senza senso io abbia anche un Io che mi rende soggetto. E una volta morto allora che senso ha aver avuto quest'Io questa ultima beffa ai danni della vita. Tanto valeva farci nascere essere globali senz'Io organismi di un tutto senza soggettività. Perché Io? E allora il verme lui ce l'ha l'Io? E se si che senso ha che ce l'abbia? Che senso ha avere un Io per essere un verme impacchettato, tagliato a pezzettini e usato come esca? Probabilmente lui non ha neanche la percezione di essere un Io, magari la sua struttura cerebrale non è in grado di realizzare un Io, e allora magari l'Io è solo una distorsione cerebrale degli esseri con strutture cerebrali più sviluppate. Un'ulteriore beffa della vita, che ci dice tu esisti, senza senso, solo tu, con il tuo Io e tutto il resto intorno. E un giorno cosi, senza senso. Morirai. Poco prima del tuo Io.
Bookmark and Share

sabato 10 aprile 2010

Il Sogno ad aria compressa


Ora ricordo. Era un sogno. Un sogno che facevo spesso da bambino, ero in un centro commerciale deserto. Attorniato da scaffali lucenti pieni di confezioni bellissime, luccicanti. Un'esplosione di colori infinita, dovunque mi girassi. Io correvo all'impazzata in quello spazio infinito senza che ritrovassi mai un'uscita, né un'entrata. Mi gettavo d'improvviso sugli scaffali ed iniziavo a scartare quei pacchi luccicanti, ma dentro vi trovavo altri pacchi e ancora pacchi e pacchi, come in una matriosca. Dentro non c'era niente. Mi allontanavo deluso, spaesato verso qualche uscita ma continuavo a non trovarla cosi piombavo a terra disperato. Guardavo in alto e questo enorme centro commerciale deserto era senza tetto. Allora pian piano iniziavo a lievitare piano piano, ondeggiavo nel centro commerciale, senza saper controllare la rotta, in balia di forze esogene e dei venti. Esco dal centro. La città circostante è un cumulo di macerie. Il mondo è finito e per qualche strana ragione sono rimasto in vita solo io. Nel centro commerciale. Chiudo gli occhi e d'improvviso mi ritrovo in un locale scuro. Vedo in fondo alla stanza un fuoco acceso e tutt'attorno un odore di strane spezie bruciate, una musica ossessiva riempie d'angoscia quel posto, come un lamento continuo uguale a se stesso. Provo ad alzarmi ma non ci riesco e d'improvviso mi si para d'avanti una maschera colorata e spaventosa. Da dietro una voce mi sussurra. Non guardare il fuoco. Concentrati sulla luce. Poi d'improvviso mi svegliavo. Ecco per tanto tempo mi sono chiesto cosa significasse quel sogno. Che puntuale mi incontrava ogni mese. Un giorno verso i 10 anni smise di farmi visita. Nell'ultima apparizione la maschera mi ripeté: Non guardare il fuoco. Concentrati sulla luce. Mi diede una carezza sul volto. Una lacrima iniziò a scorrere dalla sua maschera e poi aggiunse. Ora tocca a te. Ricordalo. Poi fece per togliere la sua maschera e d'improvviso mi ritrovai in una vasca da bagno immerso in un'acqua rossa. Dal rubinetto gocciolavano lente lacrime di sangue. Un foglio nel fondo della vasca. Lo afferro. Non Dio ma Noi. Non Noi ma Tu. Non Tu ma il Tutto. Mi svegliai con questa immagine. Dopo, poco a poco, nel tempo iniziai a dimenticare questi ricordi. Fino ad ora. Seduto qui davanti al televisore nella buia stanza di questo carcere, osservo impassibile i risultati elettorali. Il partito del presidente Bislosco aveva vinto praticamente dovunque e orde di folle impazzite innalzavano al cielo il suo duce. Un attimo dopo la presentatrice del Tg si collega con un'altro inviato che parla dell'altra grande vittoria, quella di Turbinola il presidente della regione Frisellia. Leader del partito avversario di Bisolosco. Viene portato in trionfo come il nuovo salvatore contro il demonio Bisolosco. Appaiono in ogni angolo loghi e marchi riportanti il nome di Turbinola, una giornalista mostra persino una linea di biancheria intima in suo onore. È cosi che mi è tornato in mente quel sogno. Le parole della maschera: Non guardare il fuoco. Concentrati sulla luce.Ci penso su e capisco. Mi avvicino alle sbarre e il secondino mi porta la Bibbia che avevo chiesto. I compagni avrebbero dovuto lasciare lì dentro il messaggio in codice. Pagina 24. Leggo le parole sottolineate: Non Dio ma Noi. Non Noi ma Tu. Non Tu ma Tutto. Ora è finalmente tutto chiaro.
Bookmark and Share

martedì 30 marzo 2010

Lo sguardo dei piedi


Le dita dei piedi appiccicate. Srotolo i miei calzini appassiti. Osservo dritto difronte a me. La parete bianca che osserva muta come una guardia svizzera storie e immagini svolgersi davanti lei. Alcune chiazze nere lì su nei bordi indicano la sua età non più giovane. Ricade il capo ai miei piedi che ora respirano finalmente la luce mentre si stiracchiano di fronte allo spazio infinito. I miei cammini si fanno sempre più lunghi. Le mie mete sempre più remote. Ora qui nella mia camera d'infanzia osservo stupita la mia valigia anch'essa stremata. Anch'essa esperta di mille viaggi, d'infinite lingue, di eccessivi odori. Sguardi cosparsi di secoli che interrogano il mio mondo. Architetture lontane, geometrie nuove, visioni alterate. I sussulti di mille posti rimbombano nella mia testa senza più meta, senza nessuna patria. Attraversata dal frastuono dei secoli che si rincorrono, dei popoli che si inseguono, nella danza folle della rivoluzione terrestre. Sono due anni che non tornavano. Due anni lontana. Due anni fuori. Due anni camminando qui e li. Due anni fuggendo, scappando alla ricerca di qualcosa. Forse di occhi. Ore 12.00 mi rialzo di scatto dal mio letto d'infanzia, mentre attorno a me sembra non essere cambiato niente, di due, quattro o dieci anni. Sono tornata a casa, svegliata da una notte di viaggi. Esco, cammino piano attorniata dal sole e dalla freschezza primaverile, dai volti di questa terra, dai saluti degli stessi, di coloro che m'hanno vista crescere, il mondo qui era fermo, fermo ero il fruttivendolo sotto casa, fermo il giornalaio, ferma la piazza con gli anziani signori seduti alle panchine, ferma l'associazione combattenti, fermo il bar del corso, fermo il mercato infrasettimanale, fermi i ragazzi che prendono il treno per la scuola. Mi rincuora ritrovare tutto al suo posto, mi rassicura il poter salvare qualcosa, il potermi ritrovare nei momenti di sconforto qui nel mio grembo materno. Nelle rughe spigolose dei vecchi contadini. In quella strada dissestata. Attraverso il centro storico e lo guardo estasiata, ammiro forse per la prima volta le magnifiche volte, i stupendi palazzi, le calde chianche, i viottoli medioevali, i muretti a secco della campagna mi riempiono l'anima, le enormi distese di terra, i fichi d'india, gli ulivi, le margherite in fiore. E l'adagio cammino in biciclette fra le strade sterrate. Ecco il mio viaggio, ecco la mia meta, ecco da cosa fuggivo ecco cosa cercavo, ecco i miei occhi, i miei nuovi occhi. La mia terra nuova. Solo ora posso apprezzarla. Solo ora estranea ma mia ti amo. Ti riconosco.
Bookmark and Share

lunedì 22 marzo 2010

Il mio primo noncompleanno

Avete presente quel link giu in basso a destra con su scritto bussola creazioni? Be se provate a cliccarci su finirete in un blog fantasmagorico che si occupa di creazioni fatte a mano dalla mia novia: borsette, spille, collane, arte...arte. Beh fatto sta che la suddetta mia novia tempo fa mi ha ingaggiato per un concorso fotografico promosso da DaWanda dal titolo "Happy Unbirthday". Be senza farvela tanto lunga abbiamo partecipato e guarda un pò abbiamo vinto. Ecco a voi l'opera.


Bookmark and Share

lunedì 15 marzo 2010

Vuoto Arrendere


Meccanica illusione di farcela. Pioggia disordinata che accartoccia l'asfalto lucido della metropoli. Sui pannelli titanici il volto sereno del Presidente Rimossi rassicurava i cammiantori in valigia, le donne ingrossate con buste di plastica, gli occhialuti ragazzi in pullover. Cartoline da una città sotto vuoto. Voci bisbigliate sul selciato ruvido dei pneumatici aderenti. Odore di lacca, nella metropolitana conforme di libertà. Un'anomia collettiva, un formicolio lieve sotterraneo, mormorio di cibi da portare a casa, fidanzate da presentare ai genitori, dorghe da consumare al caldo di un monolocale, zoccole da consumare di sperma, bambini da portare a letto. Il lento sfaldarsi del corpo. Correvo per raggiungere l'ultimo bus per il mio loculo. Per seppellirmi l'ultima sera. Per depositare la macchina satura della catena di montaggio. Per attaccarci il caricabatterie. Tutto viaggia nella modernità conforme di corpi nudi a prezzi stracciati. Un'idilliaca illusione di potercela fare. Di assaltare il cielo d'inverno e colorarlo di sussulti d'animo. Prima di inciampare sul terreno del distacco. E il naufragar m'è dolce. Il vuoto arrendere.
Bookmark and Share

sabato 27 febbraio 2010

Remavo contro il soffitto



Remavo contro il soffitto.
Le mie tasche di nailon ormai smollentate dall'andirivieni di mani mi ricordavano che era l'ora del caffè d'orzo. Erano le 7 in punto. Ora più ora meno. Guardai l'orologio, ma non feci in tempo. Preso in controtempo fu l'orologio a guardare me. E con quella sua aria da saputello ed i suoi baffi un pò naif mi chiese - Che mondo è? - Mi voltai ad osservare cosa mi chiedeva. Mi rigirai intorno vedendo solo scorrere muri imbiancati di manifesti. Manifesti incastonati in muri posticci. Muri che si muovevano veloci mescolando nel bianco i colori dei manifesti. E poi di colpo un uomo che sbucava da un muro in una stradina laterale. Prima un braccio. Volato via. Poi al turno successivo la sua ombra intera che si scioglieva fra i manifesti e poi sempre più chiaro, sempre più dettagliato sempre più vicino. L'ultimo giro si fermò sul suo naso aquilino. Barcollando sul suo volto alzai lo sguardo sui suoi occhialini da vista e ancor più dietro nei suoi occhi. Allontanai per un attimo il mio volto e vidi la sua bocca muoversi d'improvviso - Non sarà mica un'altro di quegli stolti da dar retta al suo orologio. Mi faccia la cortesia, lo faccia tacere. Ai miei tempi gli orologi non si prendevano tutte queste libertà. Mostri il polso. Faccia vedere chi comanda - Mi convinse. Mi rivoltai verso il mio orologio. Questa volta più veloce di prima e ancor prima che lui potesse aprir bocca gli sussurrai - Che ore sono? - Fu lui ora a girare vorticoso fra i suoi muri numerati senza saper darmi nessuna risposta. Il caffè d'orzo brulicava nella macchinetta. L'aroma si sprigionava lentamente, volando ombroso e condensandosi sul soffitto. Io li incredulo a testa in sù. La mia tazzina in mano.
Remavo contro il soffitto.

Bookmark and Share