"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

mercoledì 21 dicembre 2011

Digestione notturna


Difendila la noia. Ti salverà sempre davanti ai tribunali in maschera. D’estate fra agli ormoni danzanti, d’inverno in mezzo alle apocalissi, tu ricorda di difenderla la noia. In mezzo ai soldati, fra le lance dei giustizieri, fra gli agguati dei ladri, nel bel mezzo di un’elezione comunale, difendi la tua noia, è sacra. Quando ti chiederanno dove hai dimenticato l’anima, a chi ti chiederà conto del tuo pane quotidiano, delle preghiere al mattino, del tuo umore diffidente, difendila la noia, è àncora nelle burrasche. Presto suoneranno il campanello e ti chiederanno d’esser loro, o dei loro, poco cambia, hanno l’anima leggera o defunta sotto i piedi delle paure, difendila la noia, o quell’inquietudine di sconfitta, salvala dal mercato delle indulgenze, dai vuoti di memoria, dai libri già scritti e cancellati, salva tutti i tuoi ricordi dalla mattanza futurista, si abita il passato nelle cineteche, il presente nell’eterno morire, il futuro nello scippo. Difendila sempre la noia, donale una carezza, è tua.

Crederesti d’aver visto piangere un gesto innocente, il limite del proprio scrivere, sta nel non saperlo fare. Provare per un tempo incerto, quanto un non pensarci che può durare anni e un minuto, il dono profetico d’esser scritto, di lasciare alla tastiera il compito di pigiare i tuoi polpastrelli. Gli occhi guidano la danza, osservano sequenze di movimenti. C’è qualcuno oltre la corteccia a dettare il dettame dirompente. Siamo parlati e allora capiamo di essere solo trapassati, dalle parole dette, in dormiveglia, prima di arrossire. Calpestare l’erba del vicino, immobilizzare il conto con tutti i passi frenati dalla lingua. Lingua dettata, anch'essa, lingua biforcuta, già detto. Lingua che è reduce dalla paura. Sei ancora lì a pensare di poter scrivere il tuo nome fra le mani di chi non ha più. Ora appena con un gesto, distogli lo sguardo.

Ed anche se potessi scriverla, quell'inadeguatezza a scrivere, quel dover buttar fuori, ciò che solo dentro è custodito come uno scrigno ingiallito dal vento. Le battaglie coi miei mostri, solo il mio ombelico può ascoltarle, nel flusso dell’intestino, nella danza cardiaca. A te, ai tuoi occhi cui toccherà leggere queste parole, posso solo tirar fuori batuffoli.

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martedì 13 dicembre 2011

A Recinto


Né più mai toccherò le tue sozze sponde
ove il mio corpo fanculletto giacque,
Recinto mio che te specchi nell'occhi
del gretto mare da cui vergine nacque
il sospetto, e fea quell'isole solitarie
col suo primo meschino, onde non tacque
le tue fosche nubi e le tue frodi
il pigro verso che l'acque
cantò fatali, ed il diverso esigliò
per cui bello di fame e di sventura
baciò la sua petrosa Itala triste.
Tu non altro che il pianto avrai del figlio,
o matrigna mia terra; a noi prescrisse
il feto illacrimato e spoltura.

Libero Adattamento
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sabato 10 dicembre 2011

Ti scriverò


Ti scriverò. Lo giuro.
Ti scriverò.
Mi iscriverò. Lo giuro.
Mi iscriverò.
Sarò schivo al punto giusto.
Scherzo.
Schietto con le piante.
Gli alberi del giardino leggeranno il giornale.
Ultime notizie dal mondo. A modo.
Tra mezz'ora sarò fuori di qui.
Tra mezz'ora sarò ancora qui.
Tra mezz'ora non sarò più io.
Tra mezz'ora sarò pulito.
Tra mezz'ora vorrei essere mezzano.
Solo per poterlo scrivere.
Non esiste il destino.
Ma i suoi scherzi e i suoi regali.
Io avrò il mio presto.
Fra mezz'ora.
O poco più d'un mese.
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