"Jimmy conosceva il segreto dei bar". Il cigolio delle porte era uno di questi. L'appicicaticcio alcolico dei tavoli e del bancone l'ingrediente immancabile. Un barista con barba incolta e camicia sbottonata. Una barista non più giovanissima che mostra le sue grazie ed il suo seno prosperoso ed esperto fra i suoi capelli dispersi che accarezzano il collo sinuoso in ciocche bagnate di sudore. Dentro un odore caldo di sigarette al mentolo e lozioni per capelli invecchiate. Le lozioni. Ma il segreto unico, il più sacro e genuino, l'indispensabile è il cliente. Forma postmoderna per identificare, distanziare, mercificare quella figura mistica e salvifica per l'umanità che è l'uomo da bar. Volti spigolosi e unici, attori del mondo che potrebbero riempire cinema. Storie mistiche e terrene, profani del quotidiano che si affollano nella cerimonia del bar, più col sangue che col corpo di Cristo, loro, che puliscono il sangue col sangue, e purificano il corpo con altri corpi. Fra i tavoli pesanti di gomiti ebbri, giornali sportivi, gazzette locali e carte da gioco, le età si perdono fra i profumi di rum e birra. E Jimmy, Jimmy conosceva il segreto dei bar, talmente bene che sulla porta del paradiso del bar "Toilette" era incorniciata in una targhetta quella frase sacra: "Jimmy conosceva il segreto dei bar". Era un ragazzetto strano per quel posto, o meglio, non che disdegnasse la compagnia e i vizi degli avventori, ma lo faceva a modo suo. Con i suoi baffi folti, seduto in fondo al solito tavolo. Arrivava si sedeva ordinava una media, tirava giù un bel sorso, si guardava intorno, prendeva il suo taccuino e iniziava a scrivere, ma cosi, con una naturalezza tale, come se stesse giocando a carte, scriveva, beveva, parlava con noi, scherzava, viveva il bar e scriveva. Chissà Jimmy, ora avrà scritto su un romanzo su quelle storie, su quei pazzi ubriaconi, sui vecchietti che leggevano la gazzetta sportiva, o sulle bevute al fondo. O forse chissà avrà usato tutto quel materiale per una di quelle cose moderne, materiale da blog.
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