"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

lunedì 18 luglio 2011

Lettera d'amore odio e cous cous (con solitudine in fa#)


Ora ti starai chiedendo. Ma come si cucina il cous cous di verdure? O di chi è quella canzone che fa – eri triste nel tuo collare a collo alto – No, forse era – comprami un giglio a Palo Alto, saremo io e te una balaustra arrugginita dal sole caldo di libeccio - No scusami, sono serio. Ti starai chiedendo perché scrivo ancora lettere, ostinatamente lettere, inviate per corrispondenza ordinaria al tuo domicilio. Sai non vorrei essere troppo diretto. Non vorrei che fra di noi si fraintendesse la frenesia istantanea di una e-mail. Preferirei decantare le nostre corde nei tempi tecnici di spedizione.

Ora immagino che il postino starà vagliando le lettere in base al Comune di destinazione, mentre io ripenso a qualcosa che ancora non ti ho scritto, eccezion fatta per quella parte di lettera che va da – Ora ti starai chiedendo. Ma come si cucina il cous cous di verdure? – fino a – eccezion fatta per quella parte di lettera che va da - e tutto questo, giuro mi fa impazzire e ancor di più il pensare che non saprò mai il momento preciso in cui leggerai questa lettera, il non sapere esattamente in quel momento cosa farò io.
Ma la cosa che più mi manda in bestia, è il non saper prevedere l’attimo in cui tu coglierai il senso vero di questa lettera, che sarà a te palese nell'istante in cui percepirai un cambio repentino, e nei contenuti e nella forma stessa di questa.
Ma bando alle ciance. Urge che il nostro senso, il mio, il tuo e quello di questa lettera, raggiunga un senso proprio, piuttosto che un ostinato gingillarsi di imbarazzi.
Ti lascio. Mia cara ti lascio. Ecco l’ho scritto.

- Da questa parte in poi è possibile rilevare il cambio repentino della lettera sopra accennato -

Ora come da copione immagino che tu non ti accontenti solo di questa enunciazione diretta e immediata. Sono certo che in virtù del rapporto che ci lega e che ci ha portato a condividere fisicamente e intellettualmente svariati secondi della nostra vita, riassumibili in molteplici minuti, ridotti all’osso di eccessive ore, o se preferisci, diversi giorni intricati in qualche mese e perché no, degli anni; esigi sapere le motivazioni a margine di questa mia ponderata scelta, ebbene te ne do atto, è lecita la tua come richiesta, un’unica cortesia però, non avercela con me per non aver preso il coraggio a due braccia e aver delegato una lettera al posto della mia persona nel dirti tutto questo, credimi, una lettera è degna quanto me di dirti dei miei sentimenti.
Perché dunque: ti lascio. E questo già non è poco, neanche come spiegazione. Ti lascio, mia cara e innanzitutto mi meraviglio di riscoprire così dolce e friabile questa parola, che mi pareva acida e dura, come il caramello indurito.
Ti lascio per il caldo, non sopporto l’averti appiccicata a queste temperature, l’addossarsi dei nostri sudori in abbracci e baci afosi. L’innaturale ostinazione nel voler dormire avvinghiati nello stesso letto, credimi, neanche le zanzare apprezzano tutto questo;
Ti lascio per la tua deprecabile abitudine di gridare – Che hai detto? – quando la mia voce non giunge alle tue orecchie. Avrei preferito piuttosto il far finta di aver sentito;
Ti lascio per la tua moderata passione per i Queen. Lo sai che li detesto;
Ti lascio per quella volta che persi l’ultimo treno a causa del tuo amore clandestino con le vetrine;
Ti lascio per tutte le volte che non mi hai permesso di lasciarti;
Ti lascio per come cucini il cous cous alle verdure;
Ti lascio per come impugni la caffettiera al mattino;
Ti lascio per come dormi al pomeriggio;
Ti lascio per come lavi i piatti;
Ti lascio per come mi hai incasinato il desktop;
Ti lascio per aver fatto amicizia coi miei amici, i quali ora soffriranno del nostro lasciarsi, cazzo vogliono quelli poi? Un giorno lascerò anche loro;
Ti lascio perché ti ostini a chiedermi del fuorigioco. Te l’ho detto, non ne ho idea neanch’io, anzi lo vuoi sapere un segreto? Nessun’uomo lo sa, ma tutti fanno finta di saperlo, compresi gli arbitri;
Ti lascio per la benzina che ho speso per venirti a prendere sotto casa in tutti questi anni, credimi non è una cosa personale, è che i benzinai, il governo, i petrolieri, il capitalismo stesso si frappone a noi. E poi hai idea di quanti danni all’ambiente. Si ok, neanche a me, era giusto per…;
Ti lascio per le tue scarpe, non mi hanno mai convinto fino in fondo;
Ti lascio per la tua spensierata predilezione per i reggae party in spiaggia d’estate, ecco qui il problema è che sono invecchiato male, odio il reggae, detesto la sabbia, disprezzo le zanzare, e maledico la salsedine al mattino. Inoltre, ho un mio conto in sospeso coi giovani e l’alcool, ma vorrei che tu restassi fuori da tutta questa storia;
Ti lascio per come parcheggi, per le spine di pesce, per il pesce che non sai pulire;
Ti lascio per il tuo amore per il fritto, è tutto grasso che cola;
Ti lascio per il caffè che non sai fare, per il bucato che non sai stendere, per i pavimenti che non sai pulire, per il naso che non sai soffiare, per le lacrime che non asciughi. E non darmi del misogino, non ho idea di che significhi;
Ti lascio per come rispondi al telefono;
Ti lascio per come sorridi in foto;
Ti lascio per non aver mai litigato con me, o per lo meno, non come avrei voluto;
Ti lascio per un’altra: la solitudine;
L’altra sera ci siamo amati davvero, come la prima volta. L’abbiamo fatto dieci volte, giuro me lo faceva venire duro come non mai. Non avercela con lei. Lei non ha detto una parola quando l’ho lasciata per te.
Non vorrei che vi conoscesse, certo questo no. Per nulla al mondo permetterei che tu e la mia solitudine vi frequentasse, potrei ammazzarvi.
O meglio ancora. Ammazzarmi.
Ciao cara. Ricordati di mettere le zucchine nel cous cous.

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