"Consiglierebbe la carriera di scrittore?" mi chiese uno degli studenti.
"Stai cercando di dire amenità?" gli chiesi.
"No, no parlo seriamente. Consiglierebbe la carriera di scrittore?"
"È lo scrivere che sceglie te e non tu lo scrivere."

Charles Bukowski

martedì 17 aprile 2012

Doppia mandata


Linda tornò a casa un po' prima del solito. Mentre saliva le scale, pensava alla giornata di lavoro passata. A quel senso di vuoto che le copriva il respiro, arrivava in gola e induriva le caviglie. Si sentiva in corsa su un tapis roulant, o come quando sognava di correre, di scappare da qualcosa e si ritrovava pesante, le gambe incastrate come in sabbie mobili. Sentiva dentro l'energia ma rimaneva bloccata. Come quei cartoni animati, dove prima di sfrecciare, i personaggi rimangono fermi a ingolfare i passi senza avanzare d'un millimetro. Era quello il senso d'asfissia che sentiva dopo il lavoro, aveva sogni e poteva costruire grattacieli e ne costruiva di bellissimi nella sua testa, che se solo da fuori potessero appena scrutarli; Dio che monumenti che erano! Ma poi rimaneva ferma, incredibilmente atterrita dal primo mattone, dal foglio bianco, dalla tela immacolata, dalla nota non emessa. Perché, come può quel capolavoro rischiare di cadere e sporcarsi, di inciampare, di finire in un vicolo cieco, di smarrirsi nella banalità, solo per un passo falso, che ha l'audacia d'essere primo? Come potrebbe quella perfezione cadere nel gesto d'inizio, correre sui binari, scivolare sulle curve sinuose e minacciose, cascare dalle alture giù verso la pianura, e attraversare assalti, ruscelli e gole profonde, se è già immacolato nella sua assoluta bellezza e perfezione mai avviata per davvero? Linda ingoiava saliva amara nell'ascensore che la portava su al piano. Ne uscì quasi atterrita, mentre cercava le chiavi in borsa. Ad un tratto qualcosa colpì i suoi pensieri sotterranei, udì dei rumori dall'altra parte della porta. Erano le cinque del pomeriggio, ed a quell'ora Fabio doveva essere a lavoro, ne era certa, le aveva detto che era un periodo in cui era incasinato fino al collo. Erano usciti insieme al mattino. Chi poteva essere? Un'orrenda ipotesi si materializza nella sua testa: ladri! Sapevano delle loro abitudini, li avevano spiati probabilmente, e avranno deciso che quello sarebbe stato il giorno perfetto per ripulirli. Era lì ferma davanti al portone di casa, guardava la punta della chiave a doppia mandata, con il piede destro leggermente impuntato verso dietro e il corpo slanciato in avanti, immobile, in quella posa istantanea che la assomigliava ad una statua atletica. Quei maledetti ladri, dovevano scegliere proprio quel giorno che era tornata prima del solito per derubarla, scegliendo per altro un ora comunque tarda per la loro sicurezza. Avrebbero potuto farlo una o due ore prima, allora sarebbero stati certi che nessuno sarebbe potuto giungere tanto presto da lavoro. Cosa fare? L'unica soluzione poteva essere scappare via, attendere la fine del loro lavoro e tornare speranzosa. No, no, che idea stupida, e poi come avrebbe potuto accorgersi del via libera? No, a quel punto tanto valeva allertare i vicini, magari potevano telefonare alla polizia...sì e per dire cosa?  - Sa, ho sentito dei rumori provenire da casa mia -  In effetti, tutto questo poteva solo essere frutto della sua suggestione - per un rumorino ho già dato la casa al fuoco - pensò, e si fece più quieta il piede destro si riposizionò tranquillo affianco al sinistro, la schiena si riequilibrò in posizione eretta. Più serena, allungò la mano destra e la chiave impugnata, verso la serratura, quando un nuovo sospetto le balenò per la mente, questa volta molto più veloce del primo. Fabio, poteva essere lui lì dentro, oltre la porta,  certo molto più probabile dei ladri, a differenza dei quali, le chiavi le aveva. Eppure le sembrava strano alquanto, questo rientro prematuro, senza che ne fosse informata, di solito quando finisce prima avvisa. E poi non era il suo periodo incasinato? La cosa non si spiega e come in una visione, immagina quella porta che si apre al girare della chiave. Il rumore, lo stesso di prima, dei passi scalzi di Fabio in cucina, ancora ignaro dell'arrivo Linda, che lo vede di spalle nudo. Per un attimo si immagina ferma, sbalordita di fronte alle sue spalle incoscienti, mentre silenziosa continua l'ispezione della casa, in cerca dell'orrendo dubbio. Fabio grida qualcosa, che non sembra diretto a lei, ma a qualcun'altro, dunque. Corre adesso, Linda, indifferente alla reazione di Fabio verso la camera da letto, e sulla sua metà, nella culla delle sue stanchezze, trova distesa, nuda ed appena appagata, una donna. Una donna che non è lei, ovviamente, e che le impedirà d'ora in poi di poter solo appoggiarsi su quel giaciglio, senza sentirsi irrimediabilmente sporca. Linda, chiude gli occhi, li strizza bene, fa un respiro forte, deglutisce ciò che può, infila la chiave nella serratura, e con la lentezza dura e infinita delle sue paure, apre lo scrigno, spezzando ogni sua angoscia. Ora con la porta spalancata di fronte a sé, è sfinita per chiunque, ha già combattuto la sua guerra, e da caduta è lapide di fronte casa sua, quasi dentro. Vinta per i ladri, vinta per Fabio e la sua donna. Resuscita un passo e affaccia il volto stanco e straziato.Una suono cupo proviene dalla cucina, ancora. Questa volta più nitido, più chiaro. Una finestra sospirata dal vento. Nel vuoto. Nel silenzio.

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