Ma dove vanno questi giovani? Tra profeti e nuovi guru
Nelle province mediorientali dell’impero strani movimenti si affermano
di Gioele Maccabì
L’idea di un impero globale, in grado di esportare in ogni angolo del Mediterraneo la civiltà romana, era un sogno possibile già ai tempi di Cesare. Oggi si può pagare con la stessa moneta dalle coste del Nord Africa fino alle lande della Caledonia, l’accesso all’acqua è garantita in posti dove, fino all’arrivo delle truppe imperiali, si viveva in condizioni igieniche deprecabili, le città e i commerci sviluppati nei territori ove sino a pochi secoli fa, la vita sociale era nelle caverne. La giustizia latina inoltre, garantisce ovunque la tutela del diritto.
Eppure non è inconsueto sentire dalle province dell’impero, di movimenti spesso giovanili che esprimono il loro distacco, se non aperta ostilità verso Roma e le sue opportunità.
Terreno fertile come è noto, il medioriente con la sua lunga tradizione ebraico-beduina, mischiata con i lontani riti persiani di Zoroastro, rappresenta il centro nevralgico, di questa ondata ribelle.
A Gerusalemme abbiamo conosciuto dei ragazzi, seguaci di uno dei profeti più in voga del momento, che giorno dopo giorno raggiunge sempre più successo verso le masse giovanili e non solo. Il suo nome è Giovanni Battista, ebreo. I suoi tour in giro per la Palestina l’hanno reso sempre più amato. La sua dialettica semplice, diretta e non retorica, pare in grado si scalfire anche i cuori più duri.
Per comprendere le ragioni che spingono questi giovani ad abbandonare lo stile di vita giudaico-romano, per abbracciare queste nuove mode neostoicistiche o postplatoniche, ci siamo recati direttamente in questa terra misteriosa, per scoprire da più vicino le ragioni di questa generazione.
Il primo incontro è stato con un pastore ventitreenne di Betlemme, si chiama Joshua Falkan, sembra molto cordiale e disponibile; le ordinarie basette lunghe ai lati delle orecchie, non desterebbero nessun sospetto sulle sue simpatie filobattistine, eppure è lui a confermarci la sua adorazione per il nuovo profeta: «Per noi rappresenta una nuova idea non convenzionale riguardo ai rapporti umani. Non è precisamente rivoluzionario nel senso politico del termine, quanto in uno più spirituale. La sua parola è in grado di indicarci una via nuova verso cui affermarsi» Josha ha un’aria serena mentre ci dice queste parole. Sembra che ci creda veramente nelle possibilità di risveglio profetizzate dal Battista, alla nostra domanda se non crede che la nuova fede possa rappresentare un pericolo per il benessere e la pacs romana ci risponde sicuro: «A noi non interessa molto la politica. Ogni governo, imperatore, re o repubblica, romana o ebraica che sia, ha sempre portato ingiustizie e sopraffazioni. Noi abbiamo deciso di disinteressarci al potere. Giovanni Battista ci parla spesso di un altro regno che verrà, una Gerusalemme Celeste che non sarà qui fra i mortali, ma nella pace interiore».
Colpiti dalle parole di Josha, abbiamo sentito l’esigenza di interrogare qualcun altro. Nella caotica e brulicante Gerusalemme, abbiamo incontrato Benjamin Kesuah. Un falegname sedicenne, con la passione per il giavellotto e i romanzi di Omero. Tutto ci farebbe desumere uno stile di vita metropolitano e in sintonia con Roma. Nonostante tutto però, anche lui ha trovato in Battista un elemento di spiritualità nuovo e coinvolgente. In particolare Benjamin si dice colpito per la sua storia ed il suo percorso personale, «il pellegrinaggio nel deserto – ci dice - ha fortificato il suo animo e testimonia le possibilità inesplorate dell’esistenza». Una delle esperienze mistiche di Giovanni Battista infatti, è stato il deserto. Elemento chiave per il suo percorso filosofico. Nel suo lungo vagare, attorniato da file di supporter, afferma la venuta del Messia - testuali parole - «in grado di togliere i peccati dal mondo». Non è chiaro il senso profondo di queste frasi, ma i Battistini sono convinti di identificare in queste affermazioni, l’esigenza di un mondo più vero, non ostacolato dal potere, dai soldi, dallo schiavismo e dalle ingiustizie del mondo moderno. Piuttosto da una riscoperta spiritualità ed «uguaglianza fra gli uomini» (sic) .
Questo però dei seguaci di Giovanni Battista, rappresenta solo l’ultima moda, in ordine di tempo, in questa terra caleidoscopica che è la Palestina.
A questo punto però una domanda ci è sorta spontanea: di questo nuovo stile di vita, cosa ne pensano gli eredi del regno di David? È conciliabile la dottrina ebraica con queste manifestazioni giovanili? O sono magari dei pericolosi epigoni? E nei riguardi di Roma, c’è da preoccuparsi? Sono inguaribili rivoluzionari o solo sognatori? Anche a queste domande, abbiamo trovato risposte diverse.
Un pescatore di Gaza, che preferisce l’anonimato, ci confida di non aver paura di questi giovani. «È normale alla loro età avere idee anticonformiste, essere un po’ sognatori. Ma vedrete che col tempo torneranno ad essere dei buoni giudei. Anzi, credo che possano anche portare nuove innovazioni nella legge di Abramo»
Un anziano calzolaio cinquantenne di Haifa invece, non è della stessa opinione. «Questi giovani portano solo disordine e immoralità. Persino la sacra legge della Talmud è messa sotto i piedi da questi depravati capelloni. È ora che il prefetto faccia qualcosa!»
Già il prefetto, nella nostra indagine non abbiamo potuto non ascoltare la sua voce. Il dott.Valerio Grato, intervistato da noi, tuttavia rassicura: «Stiamo parlando di movimenti molto marginali e sempre sotto controllo. L’ordine ricevuto anche da Roma, è quello di evitare di avere un atteggiamento pregiudizialmente duro, nei confronti di costoro. Dopotutto, sinché non violano la legge di Cesare e la quieta pubblica, è un fenomeno tutto sommato tollerabile».
Il fenomeno quindi resta sotto osservazione e la domanda legittima, sul motivo di questa insofferenza e sulla distanza che li separa dall’ordine dei loro padri, sarà forse spiegata dalla classica irrequietezza giovanile di questi anni. Resta comunque valida la necessità di controllo, affinché la libertà d’espressione garantita in Giudea e nell’Impero, non pregiudichi la rettitudine e il buon ordine che ci ha resi grandi nel mondo.
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