Sognava da tempo una ragazza tutta per lui: simpatica, estroversa, amante della buona cucina, esperta di sport, politica, cultura, appassionata di sci nautico e di auto sportive. Poi conobbe Marisa, una timida ventenne ossessionata dalle diete e da orientalismi di qualsiasi genere.
Fu un venerdì pomeriggio d'estate. Lei alla guida della sua panda quattro per quattro, lui a piedi, in cerca di una ricarica telefonica. Il caso volle che la passione di lei per il trucco in auto, incise profondamente sulla possibilità dei freni di entrare in funzione, nonostante Domenico fosse sulle strisce pedonali.
Fu amore a seconda vista: quando si ritrovarono in ospedale. Lei con un nitido aroma di sandalo, lui con un dopobarba inacidito. Il medico aveva certificato una prognosi di cinque giorni. Tutto sommato sopportabili, se non fosse per l’aroma di caffè solubile del corpo medico e paramedico dell’ospedale. Il secondo giorno era già asfissiato, doveva assolutamente scappare da quel lurido ospedale.
Lei lo andò a ritrovare, più che altro sperando di evitare la denuncia, i soldi dell’assicurazione, i punti sulla patente e le ramanzine del suo avvocato/benzinaio di fiducia. Provò con l’unica arma a disposizione delle donne. No, non parlo dei parcheggi, ma di una molto più sublime: la seduzione.
Domenico si mostrò perplesso, quando la vide arrivare in sala degenze, alle dieci di mattina con tacco a spillo dodici, calze a rete, minigonna ombelicale, tanga, corpetto rosso e quel preservativo masticato in bocca. A dirla tutta ancora oggi, dopo sessant'anni di matrimonio, ogni tanto la vede con un strano sguardo indagatore, cercando di capire se tutta quella storia, non fosse un trucco per evitare la denuncia. Ed a volerla dire tutta, non è che lei facesse granché per smentire i suoi dubbi, come ad esempio quella storia delle cimici nell’auto di lui. Un mese con l’antizecche non è il massimo.
Tuttavia Domenico doveva scappare da quel profluvio di aromaterapie andate a male. Afferrò Marisa per il braccio, avvicinò la sua bocca all’orecchio di lei, e dopo averle leccato via tutto il cerume le sussurrò implorante:
- Portami via di qui, dovunque tu voglia, ma portami via, il lezzo di quest’ospedale è insopportabile.
Lei lo prese di parola e nascosto nell’unica fessura in grado di contenerlo, fuggirono via. Non sapevano esattamente dove andare, così finirono nei pressi di una raffineria. La puzza era insopportabile anche lì, ma sempre meglio del caffè solubile.
- Devi abituarti gradualmente agli odori sani – le disse lei – lo dicevano proprio l’altro giorno a Salute e Società.
Una vita insieme, fra alti e bassi, non è facile se abiti in un appartamentino di due metri di altezza. Specie per gli alti. Erano pronti a festeggiare le nozze d’oro massiccio: i loro sessant’anni di matrimonio.
Avevano prenotato una sala d’aspetto. Una strana abitudine che portavano avanti dal loro primo mese di fidanzamento, a ricordare che senza un ospedale maleodorante, la loro felicità non avrebbe mai avuto luogo.
Come bomboniere un set di smalto, un monito per tutti, che senza la passione di lei per il trucco in auto, nessuno sarebbe lì a festeggiare.
Dopo il quarto secondo, uscirono per le foto di rito. Rito celitco. Si posizionarono nei pressi di un crepaccio romantico.
Tra i due c'era un abisso. Ma sfortunatamente era lei quella con problemi d'equilibrio
Nessun commento:
Posta un commento